Fonte: Ansa
I test di intelligenza 'non sono molto intelligenti', non misurano realmente
l'intelligenza di un individuo ma al più alcune sue caratteristiche cognitive
come la memoria a breve termine.
Lo dimostra un maxistudio condotto da Adrian Owen, ora presso la Western
university che ha coinvolto molte migliaia di persone che spontaneamente si sono
sottoposte a una 'batteria' di test cognitivi messi online. I risultati hanno
mostrato che quando un ampio ventaglio di abilità cognitive viene esplorato, le
variazioni osservate nelle performance degli individui campione sono in realtà
spiegabili non come differenti livelli di intelligenza individuale, ma con
differenze in almeno tre componenti: memoria a breve termine, componente verbale
e di ragionamento. Nessuna di queste componenti da sola spiega tutto, né tanto
meno il famoso 'QI' o quoziente intellettivo la cui validità è da sempre
discussa.
Lanciato circa due anni fa, il test di Owen (in realtà una serie di 12 test),
rispetto ai test singoli usati per misurare il QI, va a indagare diverse
capacità cognitive che fanno capo a diverse aree del cervello. Ma proprio questo
modo di testare la nostra intelligenza, in realtà, porta a concludere che è
scorretto e fuorviante parlare di differente QI quando una persona totalizza
meno punti di un'altra a un test. Invece, secondo Owen le differenze individuali
nelle performance ai test sono spiegabili con differenze in componenti cognitive
quali memoria a breve termine, capacità verbale e di ragionamento. Per di più
queste differenze individuali dipendono da vari fattori: per esempio i fumatori
hanno memoria a breve termine e capacità verbali mediamente peggiori, oppure gli
appassionati di videogame brillano in memoria a breve termine. Insomma non è
intelligente tentare di capire quanto siamo intelligenti sottoponendoci a un
singolo test del QI.