“AlmaLaurea è un servizio innovativo che rende disponibili online i curriculum vitae dei laureati (1.500.000 cv presso 62 Atenei italiani al 29/06/2010) ponendosi come punto di incontro fra Laureati, Università e Aziende.
Nata nel 1994 su iniziativa dell'Osservatorio Statistico dell'Università di Bologna, AlmaLaurea ha conosciuto in questi anni una crescita esponenziale, raggiungendo oggi il 77 per cento dei laureati italiani.
Gestita da un Consorzio di Atenei Italiani con il sostegno del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, AlmaLaurea nasce con l'intento di mettere in relazione aziende e laureati e di essere punto di riferimento dall'interno della realtà universitaria per tutti coloro (studiosi, operatori, etc...) che affrontano a vario livello le tematiche degli studi universitari, dell'occupazione, della condizione giovanile”.
Con queste parole il sito di AlmaLaurea si presenta ai suoi lettori, identificandosi come un reale servizio che mette in comunicazione laureati ed aziende. Ma oltre a ciò, AlmaLaurea può essere consultato per capire quale sia l’attuale condizione del mondo dell’Università in Italia. Negli ultimi tempi profondi cambiamenti legislativi hanno fatto parlare molto sia gli studenti universitari e sia le forze politiche sulla Riforma Gelmini. Diventa quindi importante farsi un’idea di ciò che significhi oggi affrontare il mondo universitario per un giovane che termina gli studi delle medie superiori e deve inevitabilmente scegliere attraverso un corso di studi il suo futuro. In questo articolo sono riportati testualmente tre argomenti tratti direttamente dal sito in relazione al XII Rapporto sulla Condizione Occupazionale dei Laureati.
- Rispetto al Rapporto dell’anno passato, che restituiva un quadro occupazionale appena sfiorato dalla grave crisi mondiale, la situazione di quest’anno risulta assai più preoccupante. Questo emerge dall’ultima indagine AlmaLaurea che ha coinvolto oltre 210mila laureati con una partecipazione elevatissima degli intervistati: il 90%. La congiuntura economica internazionale è sospesa fra timidi segnali di ripresa ed impatti negativi sull’occupazione. L’Italia vive in modo particolare questo passaggio con un deterioramento nei mercati del lavoro che fa lievitare disoccupazione e scoraggiamento tanto più consistenti nel Mezzogiorno e fra le donne, e che colpisce soprattutto i più giovani. Il Paese è dunque di fronte a scelte difficili se intende individuare risposte adeguate ai più rilevanti problemi che mettono a rischio il sistema produttivo del Paese, i posti di lavoro e la qualità della vita di larga parte della popolazione. Sarebbe comunque un errore imperdonabile sottovalutare o tardare ad intervenire in modo adeguato a favore delle generazioni più giovani. Quelle che oggi, anche al termine di lunghi, faticosi e costosi processi formativi, affrontano crescenti difficoltà ad affacciarsi sul mercato del lavoro, a conquistare una loro autonomia, a progettare e a divenire attori del proprio futuro.
- Lievita sensibilmente la disoccupazione rispetto all’anno passato e non solo fra i laureati triennali, quelli “meno preparati perché hanno studiato di meno”, come sentiamo ripetere tutti i giorni: dal 16,5 al 22%. La disoccupazione cresce anche fra i laureati magistrali, quelli che “hanno studiato di più”: dal 14 al 21%. Infine cresce anche fra i cd specialistici a ciclo unico (come i laureati in medicina, architettura, veterinaria, giurisprudenza, ecc.): dal 9 al 15%. Una tendenza questa che si registra indipendentemente dal percorso di studio (anche fra i laureati tradizionalmente caratterizzati da un più favorevole posizionamento sul mercato del lavoro, come gli ingegneri, ad esempio) e dalla sede degli studi e che si estende anche ai laureati a tre ed a cinque anni dal conseguimento del titolo.
- Diminuisce il lavoro stabile mentre le retribuzioni, già modeste (di poco superiori a 1.100 euro ad un anno dalla laurea), perdono potere d’acquisto. Ciononostante, la condizione occupazionale e retributiva dei laureati resta migliore di quella dei diplomati di scuola secondaria superiore. Autorevoli fonti ufficiali (come l’ISTAT e l’OECD) ci dicono che nell’intero arco della vita lavorativa, i laureati presentano un tasso di occupazione di oltre 10 punti percentuali maggiore rispetto ai diplomati (78,5 contro 67%). Le medesime fonti confermano che anche la retribuzione premia i titoli di studio superiori: nell’intervallo 25-64 anni di età, risulta più elevata del 55% rispetto a quella percepita dai diplomati di scuola secondaria superiore. Si tratta di un differenziale retributivo in linea con quanto rilevato in Germania, Regno Unito e Francia. Tutto ciò avviene, come si è ricordato, nonostante la contrazione della popolazione giovanile che ha caratterizzato il nostro Paese, evitandoci, paradossalmente, problemi ben più seri sul fronte occupazionale. Nonostante l’apporto robusto di popolazione immigrata il numero dei giovani 19enni è diminuito del 38% negli ultimi 25 anni! Pochi giovani e poco scolarizzati. Anche se il recupero compiuto negli ultimi tempi è stato consistente, ancor oggi il confronto con i Paesi più avanzati ci vede in ritardo: 19 laureati su cento di età 25-34 contro la media dei Paesi OECD pari a 34. È un ritardo dalle radici antiche e profonde: nella popolazione di età 55-64 sono laureati 9 italiani su cento, meno della metà di quanti ne risultano nei Paesi OECD e che riguarda ovviamente, sia pure su valori diversi, anche imprenditori e dirigenti, pubblici e privati.
Quali conclusioni possiamo trarre in relazione a questi dati? Indubbiamente moltissime. In ogni caso il nostro fine non è quello di presentare analisi politiche o emettere giudizi sull’attuale situazione della scuola in Italia, questa non è certo la sede e tantomeno il desiderio. Vogliamo invece sottolineare un aspetto che diventa determinante nell’ambito non solo del mondo universitario ma generale delle scelte professionali, e che si può tradurre in una sola frase: “la laurea non ti garantisce il lavoro, ma ti permette di avere maggiori opportunità”. Di quali opportunità stiamo parlando? Innanzi tutto, la primaria e non necessariamente la più importante, dell’aver potuto ricevere un’istruzione nell’ambito della facoltà prescelta, inoltre la possibilità di aver potuto sviluppare (si spera!) una metodica di studio tale da far crescere lo studente stesso, conoscersi meglio quindi, capire quali sono i punti di forza e i punti deboli su cui lavorare per migliorarsi ogni giorno sia nel mondo del lavoro e non per ultimo come essere umano. Proprio grazie al mondo universitario molti giovani (e non solo) hanno potuto conoscere nuove metodiche di studio come la lettura veloce, la stesura di Mappe Mentali e tanti altri strumenti che oltre a dare la possibilità di superare determinati esami universitari, hanno permesso loro di acquisire metodiche tali da poter analizzare e sintetizzare i dati e per ultimo renderli pratici.
Quanto sia importante l’istruzione universitaria, ogni individuo potrà giudicarlo da sé. Una cosa è certa, lo si veda come uno strumento per crescere e per migliorarsi come individuo.