martedì 28 giugno 2011

L'Elettroencefalogramma

Hans Berger, 1873-1941
L'attività elettrica fondamentale del cervello, in modo particolare nell'animale non anestetizzato, era già stata descritta nel XIX secolo, ma venne analizzata in modo sistemico per la prima volta dallo psichiatra  Hans Berger, che chiamò elettroencefalogramma (EEG) la registrazione dei potenziali cerebrali derivati mediante elettrodi posti sulla cute della testa. La tecnica fu in seguito perfezionata da Herbert Jasper. Se gli elettrodi sono posti invece direttamente sulla superficie piale della corteccia cerebrale, il tracciato si chiama "elettrocorticogramma" (ECoG). La registrazione dell'elettroencefalografia può essere bipolare o unipolare. Nel primo caso vengono registrate le variazioni di potenziale fra due regioni corticali, nel secondo caso si registrano le variazioni fra una regione corticale ed un punto del corpo teoricamente indifferente, distante dalla corteccia cerebrale.
Nell'adulto a riposo, con la mente completamente rilassata e gli occhi chiusi, la componente più importante dell'EEG consiste in una serie abbastanza regolare di onde della frequenza di circa 8-12/s ed una ampiezza di circa 50 µV, se deriva dal cuoio capelluto; questo è definito ritmo alfa, ben marcato nell'area parieto-occipitale, ma talora rilevabile anche in altre aree. Un simile ritmico è stato osservato in tutte le specie di mammiferi, con piccole differenze tra le specie; si pensi che nel gatto la frequenza è un po' maggiore che nell'uomo.
Oltre al ritmo alfa, si registrano spesso, dalle regioni frontali, onde meno ampie e più frequenti (18-30/s); qui ci troviamo di fronte al ritmo beta. Onde larghe, regolari, con frequenza di 4-7/s caratterizzano il ritmo theta, presente nei bambini normali e generato dall'ippocampo negli animali da esperimento. Si può inoltre arrivare a trovare onde grandi, lente, con frequenza minore a 4/s, dette onde delta.
Nell'uomo  la frequenza del ritmo dominante a riposo varia con l'età. Nell'infanzia la frequenza è alta, tipo beta, ma il ritmo occipitale è lento (0,5-2/s). Quest'ultimo ritmo va crescendo di frequenza nella fanciullezza e nell'adolescenza sino a diventare il normale ritmo alfa. La frequenza del ritmo alfa diminuisce in caso di basso livello ematico di glucosio, di basso livello ematico di glucocorticoidi surrenalici, in caso di ipotermia o di elevata pressione parziale di CO2 nel sangue arterioso. La frequenza aumenta invece nelle condizioni opposte a quelle citate. In clinica si ricorre talvolta al respiro forzato per abbassare la PCO2 arteriosa e far comparire, nell'EEG, eventuali anormalità latenti.
Se il soggetto apre gli occhi, il ritmo alfa cede il posto ad una attività rapida, molto irregolare ma di basso voltaggio, priva di una frequenza dominante; questo fenomeno viene chiamato blocco del ritmo alfa, la si ottiene anche in seguito a qualunque forma di stimolazione sensitiva, o per effetto di concentrazione mentale, per la soluzione ad esempio di un calcolo matematico. Il fenomeno viene chiamato anche desincronizzazione perchè rappresenta l'interruzione di quel sincronismo nell'attività degli elementi nervosi che è responsabile del livello alfa. Dal momento che la desincronizzazione è prodotta dalla stimolazione sensoriale ed è in rapporto con lo stato di attenzione, questo effetto viene chiamato anche risposta o reazione di risveglio o di vigilanza.

giovedì 23 giugno 2011

Avete la depressione? Ecco una nuova paura

Van Gogh
depressione disperazione

La scoperta che molte persone con problemi di vita o occasionalmente di cattivo umore avrebbero volentieri assunto antidepressivi ha guidato le case farmaceutiche attraverso gli anni 2000. Sono stati investiti 4,5 miliardi di dollari di pubblicità diretta al consumatore per convincere le persone che non hanno problemi con il loro lavoro, l'economia e la loro famiglia… hanno la depressione! Che guarda caso non può essere diagnosticata da un esame del sangue.
Purtroppo, tre cose hanno prosciugato la miniera d’oro degli antidepressivi. I brevetti dei campioni di vendita sono scaduti e i farmaci generici hanno preso piede, gli antidepressivi sono stati collegati con atti di violenza raccapriccianti e imprevedibili, soprattutto nei giovani e… sono pure inefficaci, come confermano molti articoli medici!
In seguito le case farmaceutiche hanno scoperto la "depressione resistente al trattamento". Non è che i loro farmaci non funzionino o che voi non abbiate la depressione in primo luogo.. è che la "depressione è resistente al trattamento"! Il vostro primo, costoso e pericoloso farmaco deve essere associato con farmaci più costosi e pericolosi, perché in monoterapia, un farmaco da solo, non stava funzionando!
Bisogna ammirare l'audacia delle case farmaceutiche per questa strategia di vendita. Aggiungere farmaci per la vostra depressione resistente al trattamento triplica le dosi e i pazienti non sanno quale farmaco sta funzionando perciò li prendono tutti e i farmaci inefficaci passano inosservati! (Perché il problema siete voi!)
Oggi le case farmaceutiche hanno una nuova campagna per tenere a galla la barca degli antidepressivi: la depressione è "progressiva". Una volta, quando la depressione non era né stagionale, né atipica, né bipolare né resistente al trattamento, era considerata una malattia dallo sviluppo limitato. In realtà, quasi l'unica cosa buona che si potrebbe dire della depressione è che non durerà per sempre.
Ma ora, le campagne di marketing delle case farmaceutiche stanno posizionando la depressione allo stesso livello intimidatorio d’urgenza normalmente riservato ad eventi coronarici, attacchi d'asma e diradamento osseo: se non ti affretti a prendere le medicine, la tua depressione peggiorerà!
"Episodi depressivi si innescano più facilmente nel corso del tempo," recita un articolo sul sito web medico Medscape (affiancato da annunci per un noto antidepressivo). "Come aumenta il numero di episodi di depressione maggiore, il rischio di episodi successivi è previsto più dal numero di episodi precedenti che dal verificarsi di uno stress nella vita recente". L'articolo, intitolato sfacciatamente "Neurobiologia della depressione: il disturbo depressivo maggiore come malattia progressiva," è stato scritto da Vladimir Maleti? che si dà il caso abbia prestato servizio nell’Ufficio Stampa della Eli Lilly - dice la nota informativa – e i suoi co-autori sono dipendenti e/o azionisti della Lilly.
Prima della pubblicità diretta al consumatore, il sistema sanitario era attento a prevenire i trattamenti eccessivi e a rassicurare i pazienti sul fatto che probabilmente stavano bene. Chi si ricorda del "Prenda due aspirine e mi chiami domattina?" Oggi ai pazienti viene assicurato che probabilmente non stanno bene e probabilmente hanno una malattia progressiva. Per fortuna la loro malattia può essere trattata con progressive prescrizioni delle case farmaceutiche.

Op-Ed News – 5 giugno 2011
di Martha Rosenberg

venerdì 17 giugno 2011

I Muscoli Lisci: attività elettrica e meccanica

Miofibrille
I muscoli lisci si distinguono anatomicamente da quelli scheletrici e dal miocardio per l'assenza di una visibile striatura trasversale. Hanno un reticolo sarcoplasmatico solo scarsamente sviluppato. Contengono actina, miosina e tropomiosina, ma apparentemente non contengono tropomina. Nella muscolatura intestinale liscia, le unità contrattili sono costituite da piccoli fasci di filamenti sottili e spessi interdigitati che hanno forma irregolare e sono disposte casualmente. Quando il muscolo si contrae i filamenti spessi e quelli sottili scivolano gli uni sugli altri. Vi è eterogeneità nella struttura delle proteine muscolari, come nel muscolo scheletrico e in quello cardiaco. In generale, i muscoli lisci contengono pochi mitocondri e dipendono in gran parte dalla glicolisi per le loro necessità metaboliche.
Nell'organismo i muscoli lisci sono di vari tipi. Normalmente si possono distinguere in muscoli lisci viscerali e muscoli lisci multiunitari. I primi si presentano in larghi fogli, possiedono fra cellula e cellula dei ponti a bassa resistenza e funzionano come un sincizio (in citologia con il termine sincizio si intende la fusione di due o più cellule fra di loro, per dare vita ad una sola cellula multinucleata). Questi ponti sono delle giunzioni simili a quelle che si trovano nel miocardio, formate dalla fusione delle membrane di due cellule adiacenti. I muscoli lisci viscerali si trovano in maggioranza nelle pareti degli organi cavi come l'intestino, l'utero e gli ureteri; quelli multiunitari, invece, sono formati da unità distinte, senza ponti di connessione; si trovano dove occorrono contrazioni graduate e fini come nell'iride dell'occhio. Di norma non sono controllati dalla volontà, ma funzionalmente somigliano, sotto molti aspetti, ai muscoli scheletrici.

Muscoli Lisci Viscerali
I muscoli lisci viscerali sono caratterizzati dall'instabilità del loro potenziale di membrana e dal fatto che mostrano continue ed irregolari contrazioni, indipendentemente dall'innervazione. Questo stato persistente di parziale contrazione è chiamato 'tono'. Il potenziale di membrana non ha un vero valore di riposo, esso è relativamente basso quando il muscolo è attivo, e più alto quando il muscolo è inibito.
Data la loro continua attività è difficile studiare in questi muscoli il rapporto fra gli eventi elettrici e quelli meccanici. Quando in un muscolo in relativa quiete nasce un potenziale di punta, si vede che il muscolo comincia a contrarsi circa 200 ms dopo l'inizio e 150 ms dopo la fine del potenziale stesso. La contrazione raggiunge il massimo anche 500 ms dopo il potenziale a punta. L'accoppiamento fra l'eccitazione e la contrazione è un processo lento rispetto a quello che si ha nei muscoli scheletrici e nel miocardio, dove la contrazione comincia dopo meno di 10 ms dall'inizio del potenziale d'azione.
Il Ca++ è coinvolto nell'avvio della contrazione del muscolo liscio come nel muscolo scheletrico. Il Ca++ entra attraverso canali controllati dal voltaggio. Comunque nel muscolo liscio la miosina deve essere fosforilata per l'attivazione dell'ATPasi. Nel muscolo liscio il Ca++ si lega alla calmodulina ed il complesso che ne risulta attiva la chinasi delle catene leggere della miosina, l'enzima che catalizza la fosforilazione della miosina. L'actina quindi scorre sulla miosina, producendo la contrazione, in contrasto con quanto si verifica nel muscolo scheletrico e cardiaco dove la contrazione è scatenata dal legame del Ca++ alla troponina C.
I muscoli lisci viscerali, a differenza di altri muscoli, si contraggono se vengono stirati anche in assenza di qualsiasi innervazione estrinseca.
La noradrenalina esercita sulla muscolatura azioni sia α che β. L'azione β (ridotta tensione muscolare in risposta alla stimolazione) è mediata dall'AMP ciclico ed è dovuta probabilmente ad un maggior legame intracellulare del Ca++, mentre l'azione α (consistente anch'essa in un'inibizione della contrazione) è associata ad aumento dell'efflusso di Ca++ dalle cellule muscolari.
L'acetilcolina ha un effetto opposto a quello della noradrenalina sul potenziale di membrana e sull'attività contrattile della muscolatura liscia dell'intestino.
Gli effetti dell'acetilcolina e della noradrenalina sui muscoli lisci viscerali servono a sottolineare due importanti proprietà di questi: la loro attività spontanea in assenza di stimolazione nervosa, e la loro sensibilità agli agenti chimici liberati localmente dai nervi o portati loro dal sangue circolante.

domenica 12 giugno 2011

Nutrizione e tumori

Cellula tumorale fotografata al microscopio elettronico
Fonte: Promiseland

L’Agenzia Nazionale di Sicurezza Sanitaria (ANSES) francese ha pubblicato un rapporto dal titolo: “Nutrizione e cancro: legittimità delle informazioni nutrizionali nel quadro della prevenzione dei tumori”.

Di fronte al grosso problema di salute pubblica rappresentato dai tumori, e in considerazione dei molti consigli e prese di posizione spesso in disaccordo tra loro, l’ANSES, alla luce delle conoscenze scientifiche a disposizione, ha voluto fare chiarezza sulle raccomandazioni in materia di alimentazione per prevenire il cancro. Questo rapporto precisa anche che non esistono alimenti da considerarsi anti-cancro in quanto tali.
Il cancro è un problema maggiore della salute pubblica francese, solo nel 2010 ci sono stati 360.000 nuovi casi di tumore in Francia).
Il fondo internazionale di ricerca contro il cancro e l’American Institute for Cancer Research (AICR) concordano nel dire che un terzo dei tumori più diffusi nei Paesi industrializzati potrebbero essere evitati con la prevenzione alimentare.
Per valutare l’interesse della prevenzione alimentare nell’insorgere dei tumori l’ANSES ha realizzato un’indagine di ampio respiro avvalendosi di un gruppo di esperti in varie discipline che hanno lavorato insieme durante quattro anni, prendendo anche in considerazione i più importanti studi internazionali: sono stati fatti esperimenti in vitro e sugli animali, sono stati raccolti dati epidemiologici e clinici sull’uomo, meta-analisi, e valutazioni.
Il gruppo di esperti ha sottomesso il suo rapporto di valutazione in giugno 2010 all’ANSES che l’ha approvato.
Come si diceva questo lavoro non mette in evidenza che esistano degli alimenti anti-cancro efficaci, ma piuttosto che si deve avere un’alimentazione equilibrata perché un nutrimento o un complemento alimentare specifico non sono sufficienti da soli a prevenire l’apparizione del tumore.
Il cancro è una malattia complessa influenzata da diversi fattori: comportamentali (tabagismo, attività fisica), ambientali (in senso generico, quindi compresa l’alimentazione) e genetici (quindi specifici a ogni individuo).
Di primaria importanza è avere un’alimentazione equilibrata in quanto in questo modo si garantisce al corpo l’apporto necessario dei vari nutrimenti e la quantità di calorie necessarie al proprio consumo energetico.
C’è un effetto diretto dell’alimentazione sull’insorgere dei tumori a causa di un apporto eccessivo o deficitario di nutrimenti e c’è un effetto indiretto a causa del sovrappeso (o peggio ancora dell’obesità) che porta ad avere degli scompensi ormonali.
Il lavoro di valutazione scientifica delle abitudini alimentari e dell’incidenza dei tumori maggiormente diffusi ha evidenziato otto abitudini di igiene di vita che hanno delle conseguenza accertate:

1-limitare il consumo di cibi a forte contenuto energetico perché favoriscono il sovrappeso;
2-ridurre il consumo di bevande alcoliche;
3-ridurre il consumo di carni rosse e affettati;
4-ridurre l’uso di sale
5-i fumatori devono astenersi dal consumare complementi di beta-carotene che facilitano l’insorgenza del tumore ai polmoni;
6-è consigliato alle donne che lo desiderano, o che possono farlo, di allattare fino ai sei mesi di età come metodo esclusivo di nutrizione del neonato, tenuto conto dei benefici che ne conseguono;
7-è consigliata un’attività fisica regolare di almeno trenta minuti al giorno per cinque giorni alla settimana;
8-favorire il consumo di frutta e verdura, che contribuiscono a coprire il fabbisogno di vitamine, sali minerali e fibre.

Questo lavoro viene quindi a dare certezza alla necessità di un regime alimentare variato, così come a promuovere moderazione nel consumo di certi cibi: queste informazioni sono in linea con quelle divulgate durante le campagne pubblicitarie sulla nutrizione in generale che mirano alla prevenzione del sovrappeso e dell’obesità.

sabato 11 giugno 2011

La carne bianca collegata al rischio di cancro al colon



Diversi studi hanno da tempo collegato il consumo di carne rossa con un rischio più elevato di cancro al colon. Ora, un nuovo studio suggerisce che anche la carne bianca, pollame o pesce, può incrementare il rischio di cancro al colon.

"C’è l’evidenza di un rischio maggiore di cancro al colon per maggiori consumi di entrambe carni rosse e bianche..."

...concludono il Dott. Pramil Singh e Gary Frase del Centro di Ricerca sulla Salute dell’Università Loma Linda in California. Il loro rapporto è pubblicato sull' American Journal of Epidemiology.
Gli autori hanno esaminato di dati dallo Studio sulla salute degli Avventisti in corso, che negli ultimi 20 anni ha confrontato dieta e stile di vita di oltre 34.000 Avventisti del Settimo Giorno in California con le loro storie mediche. Ognuno dei partecipanti allo studio ha acconsentito a compilare questionari dettagliati, comprensivi di 55 domande sulle preferenze alimentari.
Singh e Fraser hanno comparato lo schema alimentare di ciascuno dei soggetti all’incidenza di cancro al colon del gruppo del 1977-1982 (157 casi in totale).
Riportano che

"il più forte fattore di rischio (per il cancro al colon) tra le variabili alimentari … è stato trovato per l’ammontare di consumo di carne".

Fasi evolutive di polipi e cancro al colon
Questa associazione resta invariata sia che gli amanti della carne preferiscano la carne bianca o rossa. Per esempio, soggetti che mangiavano carne rossa una volta a settimana avevano un 38% in più di rischio di colon al cancro rispetto a quelli che non mangiavano carne rossa, mentre quelli che preferivano la carne bianca avevano un 55% in più di rischio paragonati con quelli che non mangiavano pollame o pesce.
Questi rischi aumentavano con la quantità di carne consumata. Gli autori dicono che i soggetti che mangiavano carne rossa o bianca più di 4 volte a settimana avevano un rischio due o tre volte maggiore di cancro al colon rispetto a quelli che non la mangiavano.
Un gruppo alimentare – legumi – può essere collegato ad un minor rischio di cancro al colon. I ricercatori dicono che il consumo di cibi come fagioli, piselli e lenticchie sembrano contrastare gli effetti cancerosi del consumo di carne rossa. Comunque questi effetti benefici non sono stati riscontrati in soggetti mangiatori di legumi che consumavano anche grandi quantità di carne.
Singh e Frase credono che le loro conclusioni:

"suggeriscano in tutti i tipi di carne la presenza di fattori che contribuiscono alla formazione di cancro al colon".

 Questi fattori cancerosi restano ampiamente indeterminate, anche se i ricercatori sospettano che gli effetti secondari della cottura o gli ingredienti usati per la solidificazione e la salatura possano giocare un ruolo. I ricercatori suggeriscono inoltre che il consumo di legume ricchi di fibre possa aiutare ad attenuare la concentrazione (e l’effetto) dei cancerogeni derivati dalla carne nel colon.

Studio scientifico: Dietary Risk Factors for Colon Cancer in a Low-risk Population - American Journal of Epidemiology 1998;148:761-774.

L’OMS e le regole dell’alimentazione


Dopo molte ricerche una pubblicazione che sarà bene diffondere anche nelle scuole

Nel corso degli ultimi due decenni nella letteratura medica sono comparsi i risultati di molte ricerche riguardanti la possibile influenza della nutrizione sui tumori. Si è cercato soprattutto di accertare se particolari abitudini alimentari abbiano la capacità di limitare l'incidenza del cancro in taluni gruppi di popolazione nel mondo. Contestualmente se diete particolari possono offrire uno scudo protettivo anche in presenza di accertati fattori di rischio individuali quale ad esempio l'abitudine al fumo verso i tumori del polmone, del tubo digerente, del pancreas e delle vie urinarie quando provocati dal tabagismo. Un gruppo di Epidemiologi, ha elaborato per conto dell'O.M.S. un piano di divulgazione di informazioni selezionate circa i criteri alimentari ritenuti più utili ai fini di una prevenzione globale dal cancro, all'inizio del prossimo secolo. Sono state discusse e programmate le iniziative per raggiungere a breve termine l'obiettivo di una inversione di rotta della morbilità e mortalità per il cancro che allo scadere del ventesimo secolo sono purtroppo in ascesa. I dati attualmente disponibili permettono più di una speranza di poter prevenire la malattia con l'adozione di comportamenti alimentari" che sono risultati significativamente efficaci. Anticipando le linee generali della campagna di educazione sanitaria che si sta preparando, essa si proporrà di informare come sia stato accertato che nelle popolazioni o nei singoli individui che si nutrono prevalentemente con vegetali e frutta si verifica un globale abbattimento dell'incidenza del cancro.
 
In particolare è stato scientificamente provato che la dieta vegetariana avrà modo di prevenire annualmente sino al 33% dei casi di tumore al polmone, del 75% di quelli dello stomaco del 50% di quelli della mammella, del 75% del colon e del retto e sino al 50% di quelli della bocca e dell'orofaringe.


Un ruolo protettivo di alcune forme di conservazione degli alimenti quale la refrigerazione è stato dimostrato nei riguardi del cancro gastrico. L'incidenza in Italia di tale tumore negli ultimi anni risulta dai dati ISTAT notevolmente diminuita. Tale risultato è correlabile con un più attento modo di conservare i cibi con il freddo. Secondo l'Istituto Americano di Ricerche sul Cancro la politica di informazione per essere efficace deve prevedere nelle scuole inferiori il coinvolgimento dei bimbi e delle famiglie. Per detta campagna di informazione l'agenzia dell'OMS di Lione sta preparando una dettagliata serie di suggerimenti riguardante là produzione e conservazione dei generi agli adulti, il controllo di additivi e residui chimici presenti in essi, la loro preparazione. Per la preparazione della carne e del pesce deve essere consigliata una cottura a bassa temperatura. Evidente pertanto quale sia l'enorme importanza di quanto avverrà per l'industria agroalimentare e per quella della lavorazione e trasformazione degli alimenti. Esse dovranno collaborare con la certezza di un possibile ritorno di immagine nonché economico proporzionati al loro impegno sociale.


di Tito Longo
Cattedra di Chirurgia Generale Scuola di Specialità in Oncologia Università degli Studi di Milano

mercoledì 8 giugno 2011

Senso di colpa in Floriterapia

Per senso di colpa intendiamo quella sensazione che ci porta a credere di aver commesso azioni sbagliate o dannose nei confronti di altri. E' però necessario differenziare il senso di colpa dall'assunzione di responsabilità, cioè condizione in cui riscontriamo effettivamente di essere colpevoli di atti che ledono altre persone. Il senso di colpa allora, a differenza dell'assunzione di responsabilità, è un problema immaginario, sentendosi colpevole di un'azione biasimevole, anche se nulla a livello razionale giustifica questa condanna.
Nella floriterapia abbiamo a disposizione tre interessanti rimedi che possono aiutare a fare chiarezza su questa spiacevole sensazione la quale può portare a sofferenze nevrotiche. Parliamo di Pine, Vine e Crab Apple; vediamo in cosa si differenziano.
Possiamo iniziare la comparazione di questi tre fiori evidenziando le parole chiave di ognuno:

Crab Apple: sensazione di sentirsi impuri, sporchi, ossessionati dai difetti;
Pine: incapacità di accettarsi, trovare sempre qualche difetto in ciò che si fa, sentirsi in colpa perchè si poteva fare di più;
Vine: mai soddisfatto di se stesso e forti sensi di colpa, masochismo.

Probabilmente il rimedio principale del senso di colpa è Pine; in effetti qui troviamo il soggetto che oltre a sentirsi responsabile di tutto arriva al punto di assumersi le colpe degli altri, quando in effetti lui non ha alcuna responsabilità. Sono dei giudici implacabili di se stessi e molte volte arrivano al punto di autopunirsi con scelte consapevolmente sbagliate. Questo rimedio aiuta ad amarsi di più e vincere la disapprovazione di se stessi.
Crab Apple ha di fondo un cattivo rapporto con se stesso e l'ossessione dei propri difetti; non per nulla è il rimedio adatto a coloro che a causa di menomazioni fisiche si sentono inferiori. Il dr. Bach identifica Crab Apple come il fiore che depura, che toglie ciò che è 'sporco' nella persona. Inoltre è adatto per vincere la vergogna ed il senso di colpa.
In ultimo Vine è anch'esso da considerarsi utile nelle condizioni legate ai sensi di colpa. Qui ci troviamo di fronte ad una personalità differente rispetto alle due precedenti. La personalità di Vine è tipica di coloro che amano dominare, che arrivano al punto di calpestare altri per la supremazia. Sono soggetti prevalentemente soli perchè non sono amati. Arrivano allora ad avere stranamente dei sensi di colpa, ma probabilmente proprio perchè non sono mai soddisfatti di se stessi e di quello che ottengono con la forza e l'aggressività. Questo rimedio aiuta a dare sicurezza e serenità a questi soggetti esasperati da se stessi, riportando un concetto più equilibrato della propria personalità.

sabato 4 giugno 2011

Batterio killer e allevamenti intensivi

Fonte: Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana

Batterio E. Coli in Germania: allevamenti incubatori di batteri antibiotico resistenti.
La psicosi collettiva causata dalla paura del contagio del batterio E. Coli proveniente dalla Germania sembra riguardare soprattutto cetrioli, insalata o altre verdure crude, ma è basilare far sapere al pubblico che la contaminazione da E. Coli avviene sempre a partire da una fonte animale.
Il batterio E. Coli vive nell'intestino degli animali d'allevamento, e la carne che viene poi commercializzata può essere infettata durante il processo di macellazione. Un'altra possibile fonte è il latte non pastorizzato, e, ancora più preoccupante, la diffusione sul terreno e nelle acque degli escrementi degli animali d'allevamento, che possono contaminare i vegetali coltivati.
Oltre la contaminazione fecale dell'acqua e del cibo, esiste il problema della contaminazione dai cibi animali a quelli vegetali durante la preparazione degli alimenti.
Il problema aggiuntivo, che è quello che rende i batteri come l'E. Coli molto pericolosi, è l'antibiotico resistenza: nuovi ceppi di batteri si formano da quelli esistenti e sono inattaccabili dagli antibiotici, rendendo così impossibile contrastare l'infezione. Anche per questo problema, il colpevole è la pratica dell'allevamento intensivo e il consumo elevato di carne, latte, latticini e uova.
E' di pochi mesi fa la pubblicazione di due nuovi studi, uno europeo e uno statunitense, che rilanciano l'allarme sull'utilizzo di antibiotici negli allevamenti a scopo non curativo ma "preventivo" o per la promozione della crescita degli animali.
Il dossier europeo, pubblicato dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, sottolinea come questo sia un problema di sicurezza alimentare: l'uso di antibiotici negli animali d'allevamento contribuisce in modo sostanziale alla comparsa di batteri resistenti e consente ai batteri portatori dei geni responsabili di tale antibiotico-resistenza di diffondersi dagli animali agli umani attraverso la catena alimentare.
In precedenza erano già state svolte indagini negli USA da parte del sistema di monitoraggio nazionale sulla resistenza antimicrobica, che aveva indicato come la carne fosse spesso contaminata da ceppi resistenti a diversi farmaci dei batteri Campylobacter, Salmonella, Enterococcus ed Escherichia coli.
Con la nuova emergenza di questi ultimi giorni, dovrebbe essere chiara l'urgenza di cambiare modello alimentare, e diminuire in modo drastico il consumo di carne e altri alimenti di origine animale: l'uso massiccio di antibiotici è infatti sempre più necessario negli allevamenti, perché gli animali sono tenuti in condizioni di tale affollamento e di sofferenza fisica e psicologica che non sarebbero in grado di sopravvivere senza farmaci e sostanze chimiche di vario genere. Non è realisticamente possibile mantenere gli attuali ritmi di produzione e allo stesso tempo cambiare le condizioni di allevamento in modo da non rendere più necessari antibiotici ed altri farmaci.
Per questo, la soluzione del problema spetta a ciascuno di noi, alle istituzioni come ai singoli cittadini: per contrastare questa situazione ed evitare disastri futuri, le scelte alimentari di ogni singolo individuo sono importanti, e lo spostamento verso il consumo di alimenti vegetali anziché animali è il primo e più efficace cambiamento da mettere in atto.

venerdì 3 giugno 2011

USA - Farmaci antipsicotici somministrati a pazienti anziani nonostante il rischio di decesso


Un'indagine del governo statunitense ha rivelato che i farmaci antipsicotici somministrati nelle case di cura a pazienti con demenza (uno su sette riceve tale prescrizione, nonostante gli antipsicotici non siano approvati per questo uso specifico) aumentano il rischio di morte. Farmaci come Risperdal, Zyprexa, Seroquel, Abilify e Geodon sono "potenzialmente letali" per molti dei pazienti a cui sono prescritti e in molti casi, completamente inutili e non necessari.
I centri per il servizio sanitario statale americano hanno affermato che questi abusi possono essere attribuiti all'abitudine delle case farmaceutiche di pagare tangenti alle case di cura per aumentare le prescrizioni dei loro medicinali.
Funzionari del servizio sanitario statale hanno ammesso che le informazioni sulle diagnosi sono per la maggior parte omesse dalle prescrizioni cosicché i funzionari non sono in grado di dire se la prescrizione sia appropriata.
L’autorità statunitense del farmaco (FDA) ha messo in guardia i medici sul rischio di usare farmaci antipsicotici su pazienti anziani affetti da demenza, ma i medici hanno continuato la pratica a causa della relativa mancanza di altre opzioni.
I medici sostengono di volere innalzare la qualità della vita trattando l'agitazione del paziente, anche se ciò significa che il paziente morirà un po' prima", ha detto il dr. Daniel J. Carlat, redattore capo del Rapporto Psichiatrico Carlat, una newsletter di educazione medica per gli psichiatri.
I risultati dell'indagine del governo ha dimostrato che durante i primi sei mesi del 2007, oltre trecentomila pazienti anziani in case di cura (su 2,1 milioni totali) ha avuto almeno una richiesta presso il servizio sanitario per un farmaco antipsicotico.
Nel contempo, l'83 % delle prescrizioni di antipsicotici per pazienti anziani residenti nelle case di cura erano per usi non approvati dalle autorità di regolamentazione federale dei farmaci, principalmente per il trattamento di pazienti con demenza, per i quali tali farmaci possono essere letali.
I regolamenti federali vietano che qualsiasi farmaco pagato dal governo possa essere utilizzato per ragioni non riconosciute. I revisori hanno trovato che il 51 % delle richieste per farmaci antipsicotici violavano questa regola.
Inoltre, il governo vieta che i farmaci vengano utilizzati per una durata o livello di dose eccessivo, anche per i pazienti che qualificano. I revisori hanno trovato che il 22 % delle richieste hanno fallito nel rispondere a questo requisito.
Fonte: di Alex Heig, ThirdAge.com

mercoledì 1 giugno 2011

Carne e consumi, la rivoluzione verde si fa nel piatto


Secondo studi recenti il consumo di carne è responsabile del 40% delle emissioni totali di CO2 del pianeta. Ciononostante nessuno di coloro che dicono di battersi per il clima ha mai fatto niente per ridurre un commercio che, solo negli Stati Uniti, è di 125 kg per persona ogni anno. Secondo recenti studi il consumo di carne è responsabile del 40-50% delle emissioni di CO2 globali.
Sono passati più di dieci anni dal lontano 1997 quando il protocollo di Kyoto sanciva a livello mondiale un impegno da parte dei paesi aderenti a ridurre le emissioni di gas climalteranti attraverso programmi che avrebbero incentivato una serie di azioni di contenimento della propria impronta ambientale.
Il dibattito sul problema del surriscaldamento globale e sulla necessità di contrastarlo in maniera efficace si è intensificato sempre più negli ultimi anni parallelamente a campagne di sensibilizzazione, leggi e incentivi economici rivolti a privati e amministrazioni affinché attuassero una serie di misure efficaci in questa direzione. Parliamo di implementazione delle fonti rinnovabili - principalmente fotovoltaico, solare termico, eolico, biomasse - riduzione degli sprechi, riciclo e tecnologie efficienti.
Ma il cambiamento non può reggersi solamente su incentivi e investimenti, prescrizioni di legge e relative sanzioni (tra l’altro spesso inesistenti o inapplicate) dovendo passare necessariamente anche attraverso la reale presa di coscienza da parte del singolo dell’importanza di agire in questa direzione.
Sempre più da ogni parte piovono consigli per dare il nostro piccolo quotidiano contributo al pianeta: usare solo lampadine efficienti, limitare viaggi in auto a favore dei mezzi pubblici e di salutari passeggiate, chiudere i rubinetti, risparmiare l’acqua calda, il gas in cucina, non installare l’aria condizionata, ecc..
Dunque in sintesi si può dire che tutti, o quasi, ad oggi abbiano capito che occorre fare attenzione ai consumi legati alle utenze domestiche (elettricità e calore) e ai mezzi che utilizziamo per spostarci.
Tuttavia in tutto ciò l’anomalia sta nel fatto che a ben vedere nella graduatoria dei settori maggiormente responsabili del surriscaldamento del pianeta, dopo l’edilizia, al primo posto con il 40% delle emissioni totali, e prima dei trasporti, che occupano il terzo con il 14%, c’è una voce che sembra essere ancor oggi un tabù: il mercato della carne.

Si calcola che l'impatto ambientale di un onnivoro sia equivalente a quello di 7 vegetariani e di 20 vegani.

Questo settore dell’industria rappresenta nientemeno che la seconda voce in graduatoria incidendo con il 18% delle emissioni totali di CO2 (rapporto FAO “Livestock’s long shadow” 2007).
In realtà secondo un recente studio del World Watch Institute*, che conteggia variabili aggiuntive (attribuite invece dal rapporto FAO ad altri settori produttivi), che prende in considerazione l’intera filiera della produzione, e si basa su database aggiornati al 2009,la quota potrebbe arrivare addirittura al 40 - 50%!
Allevamenti, mattatoi, colture e quindi terreni dedicati esclusivamente a nutrire il bestiame sono responsabili del consumo di un enorme, spaventoso quantitativo di energia, e dei relativi gas serra associati (oltre alla CO2, il metano, con un potenziale inquinante 21 volte maggiore della CO2).
Jeremy Rifkin, economista di fama mondiale e presidente del Foundation on Economic Trends nel suo libro "Ecocidio" denunciava questo stato di cose ancora nel 2001. Nonostante l’eco mondiale che ebbe questo suo lavoro e gli studi pubblicati da autorevoli riviste e istituti di ricerca che avvalorano, con nuovi dati e statistiche sull’impatto degli allevamenti, le posizioni di Rifkin, ad oggi ancora vi è un’inspiegabile ostinazione a non voler denunciare, da parte delle autorità preposte, i danni provocati al nostro pianeta dal consumo – diciamolo pure: smodato! - di carne.
Possibile che dopo tanti summit e strategie di intervento ci si fermi di fronte alla necessità di rinunciare alla bistecca, o per lo meno di ridurne il consumo? Come a dire: dobbiamo fare il possibile per salvare il nostro ecosistema, l’unico che abbiamo, minacciato e saccheggiato da un mercato senza scrupoli e da politiche miopi che mirano solo al profitto, ma se per farlo dobbiamo anche rinunciare alla bistecca... allora no, lasciamo perdere, meglio autodistruggersi!

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