Fonte: Giù le Mani dai Bambini
Ricerca dell’Università di Ontario
(Canada): in
alcuni casi gli antidepressivi SSRI non solo possono paradossalmente rendere più
depressi, ma possono causare anche gravi effetti indesiderati come ictus e morte
prematura. Poma (Giù le Mani dai Bambini):
“Facciamo appello al Ministro della Sanità Renato Balduzzi per l’emissione di
nuove linee guida per l’utilizzo di questi psicofarmaci sui minori, perché gli
interessi finanziari delle multinazionali farmaceutiche non possono venire prima
della salute dei nostri ragazzi”
È di questi giorni la notizia che l’uso di alcune tra le più diffuse
classi di antidepressivi utilizzati anche in Italia per combattere la
depressione può provocare un paradossale aggravamento della depressione stessa e
causare vari effetti avversi anche gravi. E’ quello che hanno scoperto
i ricercatori della McMaster University – la prestigiosa università canadese
fondata a Ontario 130 anni fa – i quali hanno pubblicato i risultati del loro
studio sulla rivista scientifica “Frontiers In Evolutionary
Psychology”.
La ricerca è stata effettuata paragonando gli effetti dei più moderni e
diffusi antidepressivi, gli “inibitori selettivi della ricaptazione della
serotonina” (SSRI) a un gruppo trattato con placebo. I livelli di serotonina
alterati dai farmaci possono produrre tutta una vasta gamma di effetti
indesiderati: tra questi si va dai più “semplici” problemi digestivi a
effetti collaterali più seri come difficoltà nella sfera sessuale, ictus e morte
prematura. Diversi tra gli psicofarmaci esaminati nello studio offrono
pochi benefici per la maggior parte delle persone affette da
depressione da lieve a moderata, mentre offrono un aiuto attivo solo ad
alcuni tra i pazienti più gravemente depressi. In alcun casi si sono
addirittura riscontrati effetti positivi più marcati con l’uso di un placebo
rispetto al farmaco. Gli antidepressivi SSRI interferiscono con
l’attività cerebrale, lasciando il paziente vulnerabile a una depressione di
“rimbalzo” che spesso si presenta con intensità ancora
maggiore rispetto a prima dell’inizio della terapia. A seguito di una
sospensione dai farmaci SSRI «dopo un uso prolungato, il cervello compensa
la presenza in eccesso del neurotrasmettitore riducendone automaticamente i
livelli di produzione – sottolinea il Dott. Paul Andrews,
coordinatore della ricerca – e questo cambia il modo in cui i
recettori nel cervello rispondono alla serotonina stessa, rendendo alla fine il
cervello meno ‘sensibile’ a questa sostanza». Allo stato attuale, i
ricercatori ritengono che detti cambiamenti possano essere reversibili, tuttavia
diversi studi suggeriscono che gli effetti indesiderati possano permanere fino a
due anni, aumentando significativamente il rischio di scompenso
psichico. Oltre a ciò, i farmaci SSRI possono interferire con tutti i
processi fisici che di norma sono regolati dalla serotonina: per esempio,
quantità significative di questa sostanza sono presenti nell’intestino, in
quanto essa è utilizzata per controllare la regolarità della digestione, formare
coaguli di sangue nei punti di cicatrizzazione e anche regolare la riproduzione
e la crescita dell’organismo, e questa è la ragione per la quale queste
classi di psicofarmaci possono causare problemi di sviluppo nei
minori.
Proprio quello dell’utilizzo di antidepressivi in fascia pediatrica e
adolescenziale è il problema che maggiormente preoccupa gli esperti di
“Giù le Mani dai Bambini”, la più visibile campagna italiana di
farmacovigilanza in età pediatrica e di sensibilizzazione sul tema dell’uso
disinvolto di psicofarmaci (www.giuelmanidaibambini.org). Sul punto è
intervenuto Luca Poma, giornalista e portavoce nazionale del
Comitato: “Da anni, specie da quando l’EMA – l’Agenzia Europea regolatoria
per i farmaci – ha autorizzato l’uso degli antidepressivi anche su
bambini di soli otto anni, denunciamo i pericoli insiti nell’uso di queste
sostanze su organismi e cervelli ancora in via di sviluppo. Molte volte
sedicenti esperti hanno sostenuto che ‘non è lo psicofarmaco che fa male,
dipende da come lo si usa’: questa ennesima ricerca scientifica, ultima di una
serie, prova che non è assolutamente vero. Questi prodotti sono inutili
nella maggior parte dei casi, e spesse volte anche dannosi e
pericolosi: a quando delle nuove linee guida nell’utilizzo da
parte del Ministero della Sanità? Forse è opportuno riflettere una
volta per tutte – conclude Poma – sul fatto che gli interessi
finanziari delle multinazionali farmaceutiche devono passare necessariamente in
secondo piano rispetto al diritto alla salute dei nostri bambini e dei nostri
ragazzi”.