lunedì 3 gennaio 2011

Perdonare a noi stessi così come perdoniamo agli altri

Riprendiamo le argomentazioni del dr. Maxwell Maltz dal suo libro Psicocibernetica in cui viene trattato un argomento di indubbia utilità per il nostro benessere emotivo: il perdono. In relazione ad un suo intervento sulla necessità di eliminare le cicatrici emotive, il dr. Maltz ricorda la necessità di saper perdonare a noi stessi, così come si perdona gli errori altrui. Il più delle volte le ferite emotive non provengono dagli altri ma vengono inflitte da noi stessi. Pensiamo ad esempio alle colpe eccessive che ci addossiamo ed inevitabilmente ci feriscono profondamente; altre volte rischiamo di auto condannarci con il rimpianto ed il rimorso, dando così vita a vere e proprie malattie psicosomatiche. In riferimento al rimorso ed il rimpianto, questi sono dei segni molto chiari del vivere nel passato, infatti la colpa eccessiva è un tentativo di giustificare nel passato qualcosa di errato o anche di presunto tale da noi commesso.
Diventa allora importante e determinante fare in modo che le emozioni siano usate correttamente ed adeguatamente aiutandoci a rispondere o a reagire ad una qualche realtà nell'ambiente presente. E dal momento che non ci è possibile vivere nel passato, non possiamo neppure emozionalmente reagire al passato: esso può essere semplicemente cancellato, chiuso, dimenticato nella misura in cui le reazioni emotive ne fanno parte. In pratica non abbiamo bisogno di prendere una 'posizione emotiva' in una maniera o nell'altra per quel che riguarda le deviazioni che avrebbero potuto mutare il nostro cammino nel passato. L'unica cosa importante è il nostro presente ed i nostri scopi attuali.
Abbiamo bisogno di riconoscere i nostri errori come sbagli poichè altrimenti non ci sarebbe possibile correggere la nostra direzione; è vano ed inutile, quindi, odiare o condannare noi stessi per i nostri sbagli. Uno degli errori che facilmente commettiamo è quello di confondere il nostro comportamento con il nostro io, in pratica, concludere che poichè abbiamo agito in una determinata maniera, veniamo catalogati come un certo tipo di persone. Tutto sarà più chiaro se possiamo renderci conto che gli errori riguardano qualcosa che noi facciamo, che si riferiscono a delle azioni, e per essere realistici dovremmo usare verbi di azione piuttosto che descriverli con nomi che denotano uno stato. Un esempio può chiarire questo concetto. Dire "Ho fallito..." (forma verbale) non è altro che riconoscere un errore e ciò aiuta a raggiungere il successo in futuro. Viceversa dire "Sono un fallimento!" (sostantivo) non descrive ciò che noi abbiamo fatto, ma ciò che noi pensiamo che l'errore abbia fatto di noi. Questo comportamento non aiuta ad imparare, tende piuttosto a fissare l'errore e a renderlo permanente.
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