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“Un embrione mostra un comportamento?”. A questa domanda, che sfida il paradigma ufficiale della moderna biologia e psicologia, la maggior parte degli scienziati risponderebbe maniera negativa, intendendo con questo che le contrazioni muscolari e i movimenti rilevabili prima dello sviluppo del sistema nervoso e del cervello, siano da considerarsi involontari. Da questo punto di vista la fase embrionale è considerata come un processo di differenziazione, e l’embrione ci appare come la somma, il risultato o la conseguenza dello sviluppo delle diverse parti e organi.
Diversamente il prof. van der Wal propone una visione dell’embrione come “un vero e proprio essere umano che in ogni fase di sviluppo si presenta come un tutt’uno, un unità di forma e funzione che interagisce con ciò che gli sta intorno”.
Un primo passo compiuto dalla scienza in questa direzione potrebbe essere rappresentato dalla ricerca condotta presso l’Università degli Studi di Padova e coordinata dal prof. Umberto Castiello del Dipartimento di Piscologia Generale, in collaborazione con il Centro di Scienze Cognitive dell’Università di Torino, l’istituto pediatrico Burlo Garolfo di Trieste e il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma.
“I gemelli socializzano già nel grembo materno”, attesta lo studio che verrà presto pubblicato sulla rivista “PlosOne”.
Utilizzando uno speciale software capace di analizzare e descrivere i movimenti intrauterini in termini quantitativi i ricercatori hanno ripreso cinque coppie di gemellini scoprendo una sorta di “gioco” che porta alla reciproca conoscenza.
Lo stesso professore Castiello spiega come dallo studio emerga una tendenza a socializzare che si manifesta nella vita uterina.
“Grazie a questo software assolutamente innovativo abbiamo potuto osservare come tra la 14 esima e la 18 esima settimana di gestazione, i piccoli si muovano molto, con dei movimenti diretti verso l’altro gemello che hanno caratteristiche diverse rispetto ai movimenti verso la parete uterina e verso se stessi”
Come ci spiega lo stesso van der Wal mentre gli psicologi prenatali considerano la possibilità che l’essere umano attraversi trasformazioni e cambiamenti durante gli ultimi cicli di vita embrionale, ancora prima che venga sviluppato un sistema nervoso nel corpo, “gli embriologi convenzionali potrebbero obiettare che è inappropriato affermare che un embrione possa avere un funzionamento psicologico quando non è presente niente di più che un sistema nervoso molto semplice o primitivo e ancora in fase di sviluppo”.
Le due posizioni pongono quindi la questione, oggetto degli studi di Jaap van der Wal, se e come sia possibile per un embrione fare esperienza e mostrare comportamenti motivati quando c’è chi presume che l’animo, l’intelligenza e il comportamento siano ristretti e limitati all’esistenza di un sistema nervoso funzionante.
Nel tentativo di superare i confini posti dalla scienza che riferiscono l’esistenza e l’esperienza prenatale alla sola vita fetale, van der Waal sottolinea come, da un punto di vista biologico, l’esistenza prenatale includa, anche, la fase di vita embrionale.
Questo studio potrebbe condurre la scienza a guardare l’embrione non più come un processo di differenziazione, una fase di sviluppo ma come un organismo vero e proprio “la cui forma potrebbe cambiare nel corso del tempo ma la cui essenza, il suo essere sé stesso rimane immutabile, presente e attivo a dispetto delle forme esteriori. In questo senso, la cellula uovo fecondata non è solo una cellula, rappresenta un organismo. E’ la completa manifestazione dell’organismo in ogni momento, nelle circostanza e nelle condizioni ambientali che esistono già dal primo giorno dopo il concepimento”.
Jaap van der Wal è medico e professore associato in Anatomia e d Embriologia all’Università di Maastricht, Paesi Bassi. Specializzatosi in anatomia funzionale e sviluppo dell’apparato locomotore con riguardo particolare alla propriocezione, da anni, ormai si dedica all’insegnamento in Filosofia della Scienza e Antropologia Medica.
Raccontando del suo lavoro afferma: “ La mia passione era e tuttora rimane l’embriologia umana”. Attraverso lo sguardo fenomenologico e facendo riferimento all’antropofisia e al metodo della morfologia dinamica gli studi e le ricerche di Jaap van der Wal ci aiutano a comprendere quello che realmente facciamo come esseri umani allo stadio embrionale. Con questo approccio ho scoperto che per me scienza e religione, materia e spiritio, macrocosmo e microcosmo, creazione ed evoluzione s’incontrano l’un l’altro nel processo fenomenale del divenire umano”.
Le fonti di quest’articolo:
www.embrio.nl
www.embrio.it
http://www.libero-news.it/regioneespanso.jsp?id=505887
http://www.unipd.it/comunicazioni/stampa/comunicati/20101008.htm
Diversamente il prof. van der Wal propone una visione dell’embrione come “un vero e proprio essere umano che in ogni fase di sviluppo si presenta come un tutt’uno, un unità di forma e funzione che interagisce con ciò che gli sta intorno”.
Un primo passo compiuto dalla scienza in questa direzione potrebbe essere rappresentato dalla ricerca condotta presso l’Università degli Studi di Padova e coordinata dal prof. Umberto Castiello del Dipartimento di Piscologia Generale, in collaborazione con il Centro di Scienze Cognitive dell’Università di Torino, l’istituto pediatrico Burlo Garolfo di Trieste e il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma.
“I gemelli socializzano già nel grembo materno”, attesta lo studio che verrà presto pubblicato sulla rivista “PlosOne”.
Utilizzando uno speciale software capace di analizzare e descrivere i movimenti intrauterini in termini quantitativi i ricercatori hanno ripreso cinque coppie di gemellini scoprendo una sorta di “gioco” che porta alla reciproca conoscenza.
Lo stesso professore Castiello spiega come dallo studio emerga una tendenza a socializzare che si manifesta nella vita uterina.
“Grazie a questo software assolutamente innovativo abbiamo potuto osservare come tra la 14 esima e la 18 esima settimana di gestazione, i piccoli si muovano molto, con dei movimenti diretti verso l’altro gemello che hanno caratteristiche diverse rispetto ai movimenti verso la parete uterina e verso se stessi”
Come ci spiega lo stesso van der Wal mentre gli psicologi prenatali considerano la possibilità che l’essere umano attraversi trasformazioni e cambiamenti durante gli ultimi cicli di vita embrionale, ancora prima che venga sviluppato un sistema nervoso nel corpo, “gli embriologi convenzionali potrebbero obiettare che è inappropriato affermare che un embrione possa avere un funzionamento psicologico quando non è presente niente di più che un sistema nervoso molto semplice o primitivo e ancora in fase di sviluppo”.
Le due posizioni pongono quindi la questione, oggetto degli studi di Jaap van der Wal, se e come sia possibile per un embrione fare esperienza e mostrare comportamenti motivati quando c’è chi presume che l’animo, l’intelligenza e il comportamento siano ristretti e limitati all’esistenza di un sistema nervoso funzionante.
Nel tentativo di superare i confini posti dalla scienza che riferiscono l’esistenza e l’esperienza prenatale alla sola vita fetale, van der Waal sottolinea come, da un punto di vista biologico, l’esistenza prenatale includa, anche, la fase di vita embrionale.
Questo studio potrebbe condurre la scienza a guardare l’embrione non più come un processo di differenziazione, una fase di sviluppo ma come un organismo vero e proprio “la cui forma potrebbe cambiare nel corso del tempo ma la cui essenza, il suo essere sé stesso rimane immutabile, presente e attivo a dispetto delle forme esteriori. In questo senso, la cellula uovo fecondata non è solo una cellula, rappresenta un organismo. E’ la completa manifestazione dell’organismo in ogni momento, nelle circostanza e nelle condizioni ambientali che esistono già dal primo giorno dopo il concepimento”.
Jaap van der Wal è medico e professore associato in Anatomia e d Embriologia all’Università di Maastricht, Paesi Bassi. Specializzatosi in anatomia funzionale e sviluppo dell’apparato locomotore con riguardo particolare alla propriocezione, da anni, ormai si dedica all’insegnamento in Filosofia della Scienza e Antropologia Medica.
Raccontando del suo lavoro afferma: “ La mia passione era e tuttora rimane l’embriologia umana”. Attraverso lo sguardo fenomenologico e facendo riferimento all’antropofisia e al metodo della morfologia dinamica gli studi e le ricerche di Jaap van der Wal ci aiutano a comprendere quello che realmente facciamo come esseri umani allo stadio embrionale. Con questo approccio ho scoperto che per me scienza e religione, materia e spiritio, macrocosmo e microcosmo, creazione ed evoluzione s’incontrano l’un l’altro nel processo fenomenale del divenire umano”.
Le fonti di quest’articolo:
www.embrio.nl
www.embrio.it
http://www.libero-news.it/regioneespanso.jsp?id=505887
http://www.unipd.it/comunicazioni/stampa/comunicati/20101008.htm