Hobbes 1588-1679 (è stato un filosofo britannico, autore del famoso volume di filosofia politica intitolato Leviatano (1651) ndr) quasi duemila anni dopo concorda con Platone nel ritenere che il riso giunge quando ci percepiamo superiori a qualcun altro, quando nella lotta della vita abbiamo la meglio. Per Hobbes insomma sono i vincenti che hanno la risata facile. Noi ridiamo, sostiene, quando diventiamo improvvisamente consapevoli della nostra eminenza rispetto all'altrui pochezza o della nostra buona salute rispetto ad una nostra passata infermità. La risata sarebbe un'espressione vocale di trionfo, l'equivalente sonoro della danza primordiale di vittoria dei guerrieri che pestano i piedi a ritmi vertiginosi sui petti degli avversari caduti sul campo di battaglia. Secondo i seguaci di Hobbes, incluso Koestler, l'umorismo è sempre usato per scopi aggressivi, per escludere, umiliare, prendere in giro, ridicolizzare gli altri. E avrebbe il risultato di aumentare la presunzione di alcuni a spese dei meno fortunati.
Charles Gruner, un esperto di linguaggio e comunicazione, è un convinto sostenitore di Hobbes e di Koestler ed ha passato una vita cercando di documentare come tutte le forme di umorismo siano centrate sulla competitività e l'aggressività. Ha persino promesso un premio di 1000 dollari a chiunque gli invii una storiella, una barzelletta, una scena comica in cui non ci siano contenuti aggressivi. Finora nessuno ha vinto la sua scommessa. Per Gruner l'umorismo è una gara, uno sport, una guerra in cui noi competiamo con altri, dove ci sono vincitori e vinti. Egli sostiene che noi ridiamo quando vinciamo, quando ci sentiamo superiori ad altri.
Per decenni ha esaminato vari tipi di materiali comici (racconti, commedie, barzellette, vignette, aneddoti) ed è giunto alla conclusione che tutto il materiale umoristico può essere concepito come una successione di gare, in cui si compete, si contano i punti ed alla fine uno vince e l'altro perde. Nelle storielle o nelle barzellette qualcuno è sempre messo alla berlina, degradato, svilito, preso in giro, umiliato da qualcuno che si sente superiore, più intelligente, più furbo. Può essere chi racconta oppure un personaggio della storia, ma c'è sempre un vincitore. Persino negli indovinelli la logica della gara è di mettere in imbarazzo l'altro che non conosce la risposta. Tutto l'humor è basato su forme diverse di aggressività. Gruner sostiene che i comici di professione lo sanno benissimo. Infatti quando a Jay Leno, famoso comico statunitense, venne chiesto in uno show televisivo perchè lui che si faceva beffe di tutti non aveva mai raccontato una barzelletta su sua moglie, rispose: "Per essere divertenti le barzellette devono svilire qualcuno ed io ho troppo rispetto di mia moglie per farlo".
Per Gruner la risata sarà tanto più piena, sonora e trionfante quanto più la vittoria arriderà improvvisa, dopo una gara dall'esito incerto, dopo un grande sforzo. Il concetto di vittoria non si limita all'esperienza da battere qualcuno o riuscire primo in una gara, ma si estende a quella di ottenere quel che si vuole.
Per ogni situazione umoristica c'è un vincitore ed un perdente, un preciso oggetto vinto o perduto, nonchè un contesto di gioco collocato fuori dalla serietà abituale della vita, fuori dalla realtà quotidiana.
Gruner sostiene che proprio le caratteristiche 'non reali' del gioco, il suo essere un altro mondo, permettono di scaricare l'aggressività nascondendola sotto il velo della finzione. A volte in una storiella l'aggressività è talmente ben nascosta che colui che ride non si rende conto che la storia ridicolizza qualcuno.
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Tratto da: Ridere è una cosa seria, Donata Francescato