Il dr. Noah Mckay è stata una figura molto interessante ed innovativa nell’ambito della medicina moderna. Egli nasce a Ordoubadi Nasser nel 1956 a Teheran in Iran. Si trasferisce nel 1974 a Boston dove frequenta la Tufts University. Nel 1978 consegue il Bachelor of Science in biologia e nel 1983 consegue il Dottorato in Ricerca in Medicina presso la Albert Einstein College of Medicine di New York. A lui si deve il progetto di una integrazione di più discipline mediche convenzionali ed alternative nello stato di Washington sotto copertura assicurativa (vedi sito). Oltre a ciò, era sua convinzione il fatto che interazioni quantistiche della mente e del corpo del paziente fossero molto più competenti della conoscenza medica, attuando a suo vantaggio una forma di auto-guarigione. I termini ‘gratitudine’, ‘amore’ e ‘speranza’ sono il messaggio che questo straordinario medico ha insegnato al mondo intero.
Grazie alla sua ricerca nel campo medico, egli approfondisce la fisica quantistica ed il concetto della guarigione istantanea, attuando su se stesso processi di guarigione a dir poco straordinari. Quello che segue è uno stralcio tratto dal suo libro La guarigione immediata, testo che ricorda al lettore un fatto importantissimo: la salute è una scelta dell’individuo.
Grazie alla sua ricerca nel campo medico, egli approfondisce la fisica quantistica ed il concetto della guarigione istantanea, attuando su se stesso processi di guarigione a dir poco straordinari. Quello che segue è uno stralcio tratto dal suo libro La guarigione immediata, testo che ricorda al lettore un fatto importantissimo: la salute è una scelta dell’individuo.
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"Nella classifica dei principali progressi del XX secolo eventi come il viaggio nello spazio, lo sviluppo degli antibiotici e l’invenzione del computer sono spesso in cima alla lista. La storia presenterà il nostro tempo in modo molto diverso. Fra duecento anni i nostri pro-pronipoti onoreranno il XX e il XXI secolo per le importanti, unificanti scoperte che hanno nutrito il campo della fisica quantistica.Nei primi anni del XX secolo i fisici svilupparono due diversi sistemi per descrivere l’universo. Gli astrofisici che esploravano le ampie distese del cosmo stabilirono un insieme di regole per spiegare gli eventi del mondo su grande scala (pianeti, stelle e galassie), ma mancava un modello completamente diverso per descrivere lo strano mondo del minuscolo (atomi e particelle subatomiche).I fisici quantistici accettarono la sfida e iniziarono a mappare il minuscolo mondo dell’atomo, dove eventi impossibili sono la norma e le regole del senso comune non valgono più. I fisici pionieri che esplorarono il campo della scienza quantistica rimasero sbalorditi dalle implicazioni delle proprie scoperte. Persino Albert Einstein, noto per la sua genialità e per il suo pensiero “fuori dagli schemi”, trovò difficile andare oltre i confini della logica umana e del proprio background di scienze newtoniane per accettare l’assurdo, strano nuovo campo della scienza quantistica. Einstein era particolarmente turbato dalla nozione secondo cui le coppie di particelle quantiche potrebbero essere legate in modo tale che le misurazioni effettuate su una particella avrebbero simultaneamente influenzato l’altra a prescindere dalla distanza che le separava: un concetto noto come non-località. Se la comunicazione in qualche modo passava tra le particelle separate, allora tale comunicazione si verificava a una velocità superiore a quella della luce. Einstein credeva che questo fosse impossibile. Nel 1935, screditando la nozione di un tale stretto collegamento definendolo “azione fantasma a distanza”, lui e i colleghi Boris Podolsky e Nathan Rosen intrapresero una serie di ben pubblicizzati dibattiti con il fisico danese Niels Bohr su ciò che divenne noto come il Paradosso EPR. La maggior parte dei fisici che presero parte al dibattito si schierò dalla parte di Bohr, ma passarono quasi trent’anni prima che John Stewart Bell si facesse avanti con una prova matematica, proponendo di risolvere la questione una volta per tutte con mezzi sperimentali. Finalmente, nel 1982 un team di fisici francesi guidati da Alain Aspect eseguì l’esperimento proposto da Bell. I risultati furono conclusivi e inconfutabili: Einstein aveva torto. La velocità della luce non è la fine: è soltanto l’inizio. La non-località governa l’universo quantico, e questo dimostra l’affermazione del fisico David Bohm secondo cui viviamo in un universo unico e indivisibile, unito e integro a prescindere da quanto noi cerchiamo di dividerlo o frammentarlo".
"Nella classifica dei principali progressi del XX secolo eventi come il viaggio nello spazio, lo sviluppo degli antibiotici e l’invenzione del computer sono spesso in cima alla lista. La storia presenterà il nostro tempo in modo molto diverso. Fra duecento anni i nostri pro-pronipoti onoreranno il XX e il XXI secolo per le importanti, unificanti scoperte che hanno nutrito il campo della fisica quantistica.Nei primi anni del XX secolo i fisici svilupparono due diversi sistemi per descrivere l’universo. Gli astrofisici che esploravano le ampie distese del cosmo stabilirono un insieme di regole per spiegare gli eventi del mondo su grande scala (pianeti, stelle e galassie), ma mancava un modello completamente diverso per descrivere lo strano mondo del minuscolo (atomi e particelle subatomiche).I fisici quantistici accettarono la sfida e iniziarono a mappare il minuscolo mondo dell’atomo, dove eventi impossibili sono la norma e le regole del senso comune non valgono più. I fisici pionieri che esplorarono il campo della scienza quantistica rimasero sbalorditi dalle implicazioni delle proprie scoperte. Persino Albert Einstein, noto per la sua genialità e per il suo pensiero “fuori dagli schemi”, trovò difficile andare oltre i confini della logica umana e del proprio background di scienze newtoniane per accettare l’assurdo, strano nuovo campo della scienza quantistica. Einstein era particolarmente turbato dalla nozione secondo cui le coppie di particelle quantiche potrebbero essere legate in modo tale che le misurazioni effettuate su una particella avrebbero simultaneamente influenzato l’altra a prescindere dalla distanza che le separava: un concetto noto come non-località. Se la comunicazione in qualche modo passava tra le particelle separate, allora tale comunicazione si verificava a una velocità superiore a quella della luce. Einstein credeva che questo fosse impossibile. Nel 1935, screditando la nozione di un tale stretto collegamento definendolo “azione fantasma a distanza”, lui e i colleghi Boris Podolsky e Nathan Rosen intrapresero una serie di ben pubblicizzati dibattiti con il fisico danese Niels Bohr su ciò che divenne noto come il Paradosso EPR. La maggior parte dei fisici che presero parte al dibattito si schierò dalla parte di Bohr, ma passarono quasi trent’anni prima che John Stewart Bell si facesse avanti con una prova matematica, proponendo di risolvere la questione una volta per tutte con mezzi sperimentali. Finalmente, nel 1982 un team di fisici francesi guidati da Alain Aspect eseguì l’esperimento proposto da Bell. I risultati furono conclusivi e inconfutabili: Einstein aveva torto. La velocità della luce non è la fine: è soltanto l’inizio. La non-località governa l’universo quantico, e questo dimostra l’affermazione del fisico David Bohm secondo cui viviamo in un universo unico e indivisibile, unito e integro a prescindere da quanto noi cerchiamo di dividerlo o frammentarlo".