Questo interessante articolo è stato scritto da Lucia Imperatore sul sito Psicocafè. Si è sempre pensato che scene esplicite di sesso permettessero di creare degli agganci mentali affinchè colui che vedeva queste scene potesse ricordare meglio prodotti pubblicizzati all'interno delle scene stesse. Alcuni anni fa il prof. Alfonso Rogora, neurologo e psichiatra, menzionò in un'intervista su di un periodio una forma di 'inquinamento psichico', tipica di coloro che ricevono eccessivi messaggi a contenuto erotico, tali da creare un vero e proprio 'sovraccarico tensionale' a livello cerebrale. Egli sosteneva che le immagini erotiche a getto continuo che i mass media ci inviano devono essere filtrate a livello corticale-frontale, ma in situazioni appena menzionate, questo filtro risulta intasato, di conseguenza diventa impossibile fare delle scelte. Ogni immagine corrisponde ad una reazione chimica che ha bisogno di essere filtrata, selezionata, decodificata; se è impossibile 'organizzare' queste informazioni è anche impossibile fare delle scelte!
Di seguito l'articolo di Lucia Imperatore.
.
Il mercato della pornografia è sotto i nostri occhi quotidianamente, e non di rado capita (specie sul web) di essere bombardati da immagini e video porno: sembra proprio che il sesso 'tiri' e venda come non mai: splendide donne e uomini tonici occhieggiano ovunque e attirano le persone a spendere, spendere, spendere.
Tra sesso e vendite non vale però il principio che "più ce n'è, meglio è". Un accenno di pornografia può compiacere, un bombardamento può distruggere. Non molto tempo fa, un gruppo di ricerca della Iowa State University ha scoperto che gli spettatori di scene di sesso o di violenza esplicita ricordavano male gli spot pubblicitari fino alle 24 ore successive.
Allora, il sesso 'vende' davvero? Non necessariamente. Non è così ovvio come si può supporre. Vanno riviste alcune nostre convinzioni sull'argomento.
Lo studio ha coinvolto diverse migliaia di soggetti tra i 18 e i 54 anni in un campione rappresentativo della audience media americana. I soggetti sottoposti alla visione di spot pubblicitari durante una normale programmazione tv (senza scene di sesso o violenza) ricordavano le pubblicità meglio di quanto facessero i soggetti sottoposti a scene più crude e pruriginose.
Certo, può darsi che sesso e violenza catturino così tanto l'attenzione da tagliare fuori altri elementi. O può darsi (come accade nelle esperienze traumatiche nella vita di tutti i giorni) che forti emozioni danneggino direttamente la nostra memoria.
Quale che sia il meccanismo, il risultato pratico di sesso e violenza in TV è che gli spettatori sono meno propensi all'acquisto dei prodotti: se non lo ricordi, non puoi comprarlo.
La falsa convinzione che sesso e violenza 'facciano vendere di più' viene dal fatto che la loro intensità cattura l'attenzione. Certo, ma gli inserzionisti pubblicitari dovrebbero fare i conti con il fatto che l'attenzione non viene poi distribuita ai loro prodotti.
Quando la TV e gli altri media vengono criticati per la povertà delle loro produzioni, tendono a difendersi scaricando le responsabilità sul mercato: "abbiamo sesso e violenza nei nostri palinsesti perchè vendono, e l'industria ci costringe a vendere". E' assolutamente falso. Chi vuole vendere un prodotto deve raggiungere degli spettatori in grado di ricordare ciò che dovrà acquistare, e non servirà a nulla raggiungere uno strato più vasto di persone che però non ricorderanno nulla.
Messaggi di sesso o violenza esplicita sono nient'altro che messaggi degradanti, di ostilità e misoginia: non possono funzionare. E infatti non funzionano.
Tra sesso e vendite non vale però il principio che "più ce n'è, meglio è". Un accenno di pornografia può compiacere, un bombardamento può distruggere. Non molto tempo fa, un gruppo di ricerca della Iowa State University ha scoperto che gli spettatori di scene di sesso o di violenza esplicita ricordavano male gli spot pubblicitari fino alle 24 ore successive.
Allora, il sesso 'vende' davvero? Non necessariamente. Non è così ovvio come si può supporre. Vanno riviste alcune nostre convinzioni sull'argomento.
Lo studio ha coinvolto diverse migliaia di soggetti tra i 18 e i 54 anni in un campione rappresentativo della audience media americana. I soggetti sottoposti alla visione di spot pubblicitari durante una normale programmazione tv (senza scene di sesso o violenza) ricordavano le pubblicità meglio di quanto facessero i soggetti sottoposti a scene più crude e pruriginose.
Certo, può darsi che sesso e violenza catturino così tanto l'attenzione da tagliare fuori altri elementi. O può darsi (come accade nelle esperienze traumatiche nella vita di tutti i giorni) che forti emozioni danneggino direttamente la nostra memoria.
Quale che sia il meccanismo, il risultato pratico di sesso e violenza in TV è che gli spettatori sono meno propensi all'acquisto dei prodotti: se non lo ricordi, non puoi comprarlo.
La falsa convinzione che sesso e violenza 'facciano vendere di più' viene dal fatto che la loro intensità cattura l'attenzione. Certo, ma gli inserzionisti pubblicitari dovrebbero fare i conti con il fatto che l'attenzione non viene poi distribuita ai loro prodotti.
Quando la TV e gli altri media vengono criticati per la povertà delle loro produzioni, tendono a difendersi scaricando le responsabilità sul mercato: "abbiamo sesso e violenza nei nostri palinsesti perchè vendono, e l'industria ci costringe a vendere". E' assolutamente falso. Chi vuole vendere un prodotto deve raggiungere degli spettatori in grado di ricordare ciò che dovrà acquistare, e non servirà a nulla raggiungere uno strato più vasto di persone che però non ricorderanno nulla.
Messaggi di sesso o violenza esplicita sono nient'altro che messaggi degradanti, di ostilità e misoginia: non possono funzionare. E infatti non funzionano.