ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), o più semplicemente ADD (Attention Deficit Disorder), è la sigla della sindrome da deficit di attenzione e iperattività.
Il Disturbo da deficit d'attenzione ed iperattività (ADHD) è un disturbo del comportamento caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività motoria che rende difficoltoso e in taluni casi impedisce il normale sviluppo e integrazione sociale dei bambini. Si tratta di un disturbo molteplice e complesso, multifattoriale che nel 70-80% dei casi coesiste con un altro o altri disturbi. La coesistenza di più disturbi aggrava la sintomatologia rendendo complessa sia la diagnosi sia la terapia. Quelli più frequentemente associati sono il disturbo oppositivo-provocatorio e i disturbi della condotta, i disturbi specifici dell'apprendimento come la dislessia e la disgrafia, i disturbi dell’ansia e, con minore frequenza, la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da tic ed il disturbo bipolare.
Per la normalizzazione del comportamento di alcuni pazienti iperattivi e con deficit d'attenzione dei ricercatori ritengono siano efficaci alcune molecole psicoattive come il metilfenidato e l’atomoxetina, in qualunque caso sono state mosse molte critiche sull’utilizzo di queste molecole sui bambini.
Per quanto riguarda i problemi relazionali, i genitori, gli insegnanti e gli stessi coetanei concordano che i bambini con ADHD hanno anche problemi nelle relazioni interpersonali (Pelham e Millich 1984). Vari studi di tipo sociometrico hanno confermato che bambini affetti da deficit di attenzione con o senza iperattività: ricevono minori apprezzamenti e maggiori rifiuti dai loro compagni di scuola o di gioco (Carlson et al, 1987); pronunciano un numero di frasi negative nei confronti dei loro compagni dieci volte superiori rispetto agli altri; presentano un comportamento aggressivo tre volte superiore (Pelham e Bender, 1982); non rispettano o non riescono a rispettare le regole di comportamento in gruppo e nel gioco; laddove il bambino con ADHD assume un ruolo attivo riesce ad essere collaborante, cooperativo e volto al mantenimento delle relazioni di amicizia; laddove, invece, il loro ruolo diventa passivo e non ben definito, essi diventano più contestatori e incapaci di comunicare proficuamente con i coetanei.
Dal 2003 a causa di un decreto ministeriale, anche in Italia è possibile somministrare ai bambini le anfetamine. Al rigurdo ne è un esempio il Ritalin, un farmaco che è stato spostato dalla tabella degli stupefacenti a quella degli psicofarmaci. Questa molecola è destinata a quei bambini che soffrono della sindrome ADHD. Si pensi che negli Sati Uniti i bambini iperattivi che sono curati con questa anfetamina sono circa 11 milioni, ma con risultati buoni solo a breve termine e con effetti disastrosi tipici dell’assunzione degli psicofarmaci fra i quali tendenza al suicidio, illusioni paranoiche, comportamenti anormali.
In Italia sono poche migliaia i bambini curati con il Ritalin, ma il numero sta crescendo; si pensa che potrà raggiungere i 15-20 mila secondo un’indagine dell’associazione Giù le Mani dai Bambini. Questa stessa associazione non concorda con quanto dice l’Istituto Superiore di Sanità in relazione alla sicurezza della somministrazione del Ritalin ai bambini, infatti anche se il farmaco normalizza condizioni fortemente aggressive o addirittura manifestazioni di suicidio, questa terapia è efficace per qualche giorno, non garantendo la continuità terapeutica.
Il 22 giugno 2007 la Commissione Europea aveva chiesto l’avvio di una procedura di deferimento al Comitato per i Medicinali ad uso Umano dell’EMEA (Agenzia Europea del Farmaco) per tutti i medicinali contenenti metilfenidato. La Commissione aveva ritenuto infatti che andassero valutati alcuni dubbi sulla sicurezza, comprendenti disordini cardiovascolari e cerebrovascolari, potenzialmente associati al trattamento con questi psicofarmaci. Nel suo report finale, l’EMEA ha presentato le sue conclusioni affermando che questo psicofarmaco provoca aritmie cardiache, inclusa la tachicardia, ipertensione, arresto cardiaco, ischemia. Oltre a ciò buona parte della letteratura scientifica riconosce possibili episodi di accidente cerebrovascolare, ictus, infarto cerebrale, occlusione arteriosa cerebrale.
Il Disturbo da deficit d'attenzione ed iperattività (ADHD) è un disturbo del comportamento caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività motoria che rende difficoltoso e in taluni casi impedisce il normale sviluppo e integrazione sociale dei bambini. Si tratta di un disturbo molteplice e complesso, multifattoriale che nel 70-80% dei casi coesiste con un altro o altri disturbi. La coesistenza di più disturbi aggrava la sintomatologia rendendo complessa sia la diagnosi sia la terapia. Quelli più frequentemente associati sono il disturbo oppositivo-provocatorio e i disturbi della condotta, i disturbi specifici dell'apprendimento come la dislessia e la disgrafia, i disturbi dell’ansia e, con minore frequenza, la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da tic ed il disturbo bipolare.
Per la normalizzazione del comportamento di alcuni pazienti iperattivi e con deficit d'attenzione dei ricercatori ritengono siano efficaci alcune molecole psicoattive come il metilfenidato e l’atomoxetina, in qualunque caso sono state mosse molte critiche sull’utilizzo di queste molecole sui bambini.
Per quanto riguarda i problemi relazionali, i genitori, gli insegnanti e gli stessi coetanei concordano che i bambini con ADHD hanno anche problemi nelle relazioni interpersonali (Pelham e Millich 1984). Vari studi di tipo sociometrico hanno confermato che bambini affetti da deficit di attenzione con o senza iperattività: ricevono minori apprezzamenti e maggiori rifiuti dai loro compagni di scuola o di gioco (Carlson et al, 1987); pronunciano un numero di frasi negative nei confronti dei loro compagni dieci volte superiori rispetto agli altri; presentano un comportamento aggressivo tre volte superiore (Pelham e Bender, 1982); non rispettano o non riescono a rispettare le regole di comportamento in gruppo e nel gioco; laddove il bambino con ADHD assume un ruolo attivo riesce ad essere collaborante, cooperativo e volto al mantenimento delle relazioni di amicizia; laddove, invece, il loro ruolo diventa passivo e non ben definito, essi diventano più contestatori e incapaci di comunicare proficuamente con i coetanei.
Dal 2003 a causa di un decreto ministeriale, anche in Italia è possibile somministrare ai bambini le anfetamine. Al rigurdo ne è un esempio il Ritalin, un farmaco che è stato spostato dalla tabella degli stupefacenti a quella degli psicofarmaci. Questa molecola è destinata a quei bambini che soffrono della sindrome ADHD. Si pensi che negli Sati Uniti i bambini iperattivi che sono curati con questa anfetamina sono circa 11 milioni, ma con risultati buoni solo a breve termine e con effetti disastrosi tipici dell’assunzione degli psicofarmaci fra i quali tendenza al suicidio, illusioni paranoiche, comportamenti anormali.
In Italia sono poche migliaia i bambini curati con il Ritalin, ma il numero sta crescendo; si pensa che potrà raggiungere i 15-20 mila secondo un’indagine dell’associazione Giù le Mani dai Bambini. Questa stessa associazione non concorda con quanto dice l’Istituto Superiore di Sanità in relazione alla sicurezza della somministrazione del Ritalin ai bambini, infatti anche se il farmaco normalizza condizioni fortemente aggressive o addirittura manifestazioni di suicidio, questa terapia è efficace per qualche giorno, non garantendo la continuità terapeutica.
Il 22 giugno 2007 la Commissione Europea aveva chiesto l’avvio di una procedura di deferimento al Comitato per i Medicinali ad uso Umano dell’EMEA (Agenzia Europea del Farmaco) per tutti i medicinali contenenti metilfenidato. La Commissione aveva ritenuto infatti che andassero valutati alcuni dubbi sulla sicurezza, comprendenti disordini cardiovascolari e cerebrovascolari, potenzialmente associati al trattamento con questi psicofarmaci. Nel suo report finale, l’EMEA ha presentato le sue conclusioni affermando che questo psicofarmaco provoca aritmie cardiache, inclusa la tachicardia, ipertensione, arresto cardiaco, ischemia. Oltre a ciò buona parte della letteratura scientifica riconosce possibili episodi di accidente cerebrovascolare, ictus, infarto cerebrale, occlusione arteriosa cerebrale.