Nel nostro cervello esiste come un grande magazzino mentale in cui raccogliamo le esperienze ed i sentimenti del passato, come anche tutti i nostri successi ed inevitabilmente anche i nostri fallimenti. Come delle registrazioni su nastro, queste esperienze e sentimenti vengono registrati su degli engrammi nervosi della nostra materia grigia. Sono delle registrazioni di storie a lieto fine, come anche storie in cui ci portiamo dell’amaro in bocca. Cosa ricordiamo, di solito, del nostro passato? La scelta sta a noi, sta a noi decidere quale riprodurre sullo schermo delle nostre visualizzazioni.
Un engramma è un ipotetico elemento neurobiologico che consentirebbe alla nostra memoria di ricordare avvenimenti e sensazioni immagazzinabili come variazioni biofisiche o biochimiche nel tessuto del cervello. Il termine engramma risale al biologo Richard Semon che nel 1904 usò il termine nel suo libro Die Mneme, per riferirsi alla rappresentazone neurale di una memoria. Il termine è stato ripreso dal dr. Karl Lashey, neuroscienziato, che lo identificava con un cambiamento transitorio o permanente nel cervello derivante dalla codifica di una esperienza. Secondo la teoria, uno stesso evento, fatto di immagini, suoni, azioni o emozioni, verrebbe codificato in differenti aree del cervello, collegate fra di loro da collegamenti sinaptici, e collegate con altre informazioni che danno un senso compiuto all’esperienza fatta. Questa rete di connessioni neurali che codificano la stessa esperienza, costituisce l’engramma.
Un’interessante scoperta in relazione agli engrammi è che essi possono essere cambiati o modificati, così come avviene con una registrazione su nastro su cui si può modificare il contenuto doppiando ulteriore materiale o incidendo nuovamente lo stesso tratto di nastro. Il dr. Eccles ed il dr. Sharrington ci riferiscono che gli engrammi del cervello umano cambiano leggermente ogni qualvolta vengono riattivati. In pratica essi assumono un po’ del tono e del carattere del nostro presente umore, del nostro modo di pensare e del nostro atteggiamento verso di essi. Oltre a ciò ogni singolo neurone può diventare una parte o centinaia di raggruppamenti di neuroni separati e distinti, come un singolo albero di un bosco può formare una sua parte. Il neurone dell’engramma originale di cui faceva parte assume delle caratteristiche di successivi engrammi di cui diventa una parte e così facendo cambia leggermente l’engramma originale. Tutto ciò non è solo interessante da un punto di vista scientifica, ma anche incoraggiante e ci dà ragione di credere che esperienze e traumi avversi ed infelici avuti nell’infanzia non sono permanenti e fatali come i primi psicologi avrebbero voluto farci credere. Ora sappiamo che non solo il passato influisce sul presente, ma che il presente influenza a sua volta il passato; in altre parole non siamo condannati né destinati dal nostro passato. Il fatto di aver avuto esperienze infantili infelici o addirittura traumatiche, che hanno lasciato dietro di sé degli engrammi, non significa che noi siamo subordinati a loro, né che i nostri modelli di comportamento siano fissati, predeterminati o immutabili. Ricordiamo che il nostro modello di pensare attuale, le nostre abitudini mentali presenti, il nostro atteggiamento verso le esperienze passate e verso il futuro, hanno tutti un’influenza sui vecchi engrammi già registrati. Tutto ciò che è stato in passato può essere cambiato, sostituito dal nostro presente modo di pensare.
Tutto ciò ci fa capire che per modificare oggi il nostro passato dobbiamo avere un giusto e corretto modo di pensare, una giusta e corretta stima di noi stessi.
Un engramma è un ipotetico elemento neurobiologico che consentirebbe alla nostra memoria di ricordare avvenimenti e sensazioni immagazzinabili come variazioni biofisiche o biochimiche nel tessuto del cervello. Il termine engramma risale al biologo Richard Semon che nel 1904 usò il termine nel suo libro Die Mneme, per riferirsi alla rappresentazone neurale di una memoria. Il termine è stato ripreso dal dr. Karl Lashey, neuroscienziato, che lo identificava con un cambiamento transitorio o permanente nel cervello derivante dalla codifica di una esperienza. Secondo la teoria, uno stesso evento, fatto di immagini, suoni, azioni o emozioni, verrebbe codificato in differenti aree del cervello, collegate fra di loro da collegamenti sinaptici, e collegate con altre informazioni che danno un senso compiuto all’esperienza fatta. Questa rete di connessioni neurali che codificano la stessa esperienza, costituisce l’engramma.
Un’interessante scoperta in relazione agli engrammi è che essi possono essere cambiati o modificati, così come avviene con una registrazione su nastro su cui si può modificare il contenuto doppiando ulteriore materiale o incidendo nuovamente lo stesso tratto di nastro. Il dr. Eccles ed il dr. Sharrington ci riferiscono che gli engrammi del cervello umano cambiano leggermente ogni qualvolta vengono riattivati. In pratica essi assumono un po’ del tono e del carattere del nostro presente umore, del nostro modo di pensare e del nostro atteggiamento verso di essi. Oltre a ciò ogni singolo neurone può diventare una parte o centinaia di raggruppamenti di neuroni separati e distinti, come un singolo albero di un bosco può formare una sua parte. Il neurone dell’engramma originale di cui faceva parte assume delle caratteristiche di successivi engrammi di cui diventa una parte e così facendo cambia leggermente l’engramma originale. Tutto ciò non è solo interessante da un punto di vista scientifica, ma anche incoraggiante e ci dà ragione di credere che esperienze e traumi avversi ed infelici avuti nell’infanzia non sono permanenti e fatali come i primi psicologi avrebbero voluto farci credere. Ora sappiamo che non solo il passato influisce sul presente, ma che il presente influenza a sua volta il passato; in altre parole non siamo condannati né destinati dal nostro passato. Il fatto di aver avuto esperienze infantili infelici o addirittura traumatiche, che hanno lasciato dietro di sé degli engrammi, non significa che noi siamo subordinati a loro, né che i nostri modelli di comportamento siano fissati, predeterminati o immutabili. Ricordiamo che il nostro modello di pensare attuale, le nostre abitudini mentali presenti, il nostro atteggiamento verso le esperienze passate e verso il futuro, hanno tutti un’influenza sui vecchi engrammi già registrati. Tutto ciò che è stato in passato può essere cambiato, sostituito dal nostro presente modo di pensare.
Tutto ciò ci fa capire che per modificare oggi il nostro passato dobbiamo avere un giusto e corretto modo di pensare, una giusta e corretta stima di noi stessi.