venerdì 29 gennaio 2010

Dimmi come pensi e ti dirò quanto vivrai!


Nel 1951 il dr. Raphael Ginzberg all’International Gerontological Congress di St. Louis affermò, e non solo lui, che inconsciamente l’essere umano si aspetta di invecchiare ad una certa età; pensare ad esempio di diventare vecchio e non più utile alla società intorno ai 70 anni scatena meccanismi tali da rendere veritiero questo pensiero. Questa riflessione ci permette allora di comprendere perché individui che raggiungono i 45 anni iniziano a comportarsi come degli anziani, mentre viceversa altri soggetti ritengono, sempre a questa età, di essere ancora pienamente giovani e desiderosi di vivere come tali. Coloro che si sentono vecchi a 45 anni hanno in comune il credere d’essere ormai arrivati alla mezza età, essere nelle condizioni di iniziare il declino psicofisico; ovviamente i soggetti che si sentono ancora giovani credono l’esatto opposto, vedono la mezza età ancora molto lontana.
Questa divergenza dimostra quanto l’essere umano riesca ad influenzare la propria vita e soprattutto il proprio futuro. È ormai risaputo quanto un atteggiamento mentale positivo possa rendere la vita decisamente più piacevole, allegra e sana. Al riguardo è significativa la ricerca condotta negli Stati Uniti sulle persone fortunate. In sostanza venne chiesto ad un gruppo di persone, indipendentemente dalla loro classe sociale, età e sesso, se si consideravano persone baciate dalla dea bendata. L’indagine portò nella maggioranza dei casi a definire due categorie di persone: i fortunati e gli sfortunati. L’aspetto più eloquente dell’indagine fu questo: i fortunati si consideravano tali perché gli avvenimenti e le circostanze della vita portavano a risultati positivi, con esiti considerevoli nel lavoro e nella vita quotidiana, ma oltre a ciò emergeva una elemento distintivo particolare: queste persone avevano una buona immagine di se stesse, erano convinte che la vita giocava a loro favore, che nelle avversità si sarebbe comunque trovata una soluzione con conseguente raggiungimento degli obiettivi. Che dire degli sfortunati? Il pensiero predominante di questi soggetti era l’assoluta convinzione che la sfortuna, prima o poi, gli avrebbe implacabilmente colpiti! Uno dei pensieri e delle affermazioni predominanti era: ‘nella vita se non hai un po’ di fortuna non realizzerai mai i tuoi sogni, ti puoi impegnare quanto vuoi ma se la dea bendata non ti bacia in fronte non serve a nulla impegnarsi e sacrificarsi!’. Questa indagine, come tante altre molto simili, non fa altro che confermare quanto esperti nel campo del comportamento e dello sviluppo delle risorse umane hanno sempre affermato: la nostra esistenza, la nostra felicità, i nostri successi sono regolati dal nostro modo di pensare, dall’immagine che ci formiamo di noi stessi. Il dr. Maxwell Maltz, chirurgo plastico e padre della psicocibernetica, sostenne che l’immagine che ci facciamo di noi stessi, quindi il concetto mentale o ritratto che creiamo della nostra persona, sono la chiave di lettura della personalità e del comportamento individuale.
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