Un articolo comparso sul quotidiano Le Monde di venerdì 13 gennaio dava notizia di uno studio francese che ha rilevato un’incidenza doppia della leucemia (cancro del sangue) tra i bambini che abitano vicino ad una centrale nucleare.
È difficilmente contestabile, un campanello d’allarme inquietante: i bambini che abitano vicino (meno di cinque chilometri) ad una della diciannove centrali nucleari francesi hanno il doppio delle probabilità di ammalarsi di leucemia.
Questa è la conclusione di uno studio pubblicato sul sito dell’International Journal of Cancer e riportato da varie altre testate, preso anche in considerazione nello studio sulla pericolosità delle centrali nucleari in genere.
Lo studio è stato condotto da Jacqueline Clavel, direttrice dell’unità 754 dell’Iserm (istituto nazionale della salute e della ricerca medica) e anche se non mette in evidenza i fattori scatenanti stabilisce appunto che il dato rilevato è che le leucemie hanno un’incidenza doppia nei bambini che abitano a meno di cinque chilometri da una centrale nucleare.
La leucemia acuta rappresenta il 30% dei casi di tumore nei bambini, una percentuale che ha fatto ritenere opportuna la creazione , nel 1990, di un registro nazionale delle emopatie del bambino, secondo il quale, nella fascia di età da 0 a 14 anni, in questi anni, il numero di nuovi casi/anno è rimasto stabile a circa 470. L’incidenza di tale malattia nella fascia 15-19 anni, invece, è di 80 casi/anno.
I fattori di rischio responsabili non sono ancora stati chiaramente identificati, la genetica è messa in causa solo nel 5% dei casi di leucemia acuta, mentre tra i fattori ambientali l’indice accusatorio è puntato sulle radiazioni.
Non è la prima volta che vengono svolti studi del genere in Europa, su bambini ed adolescenti che vivono in prossimità di centrali nucleari.
In novembre 2011 è stato stilato un rapporto congiunto dall’Autorità di sicurezza nucleare, dalla Direzione generale della sanità e dalla Direzione generale della prevenzione dei rischi francesi, in cui le conclusioni affermano che le prove statistiche dei diversi studi non permettono di giudicare con certezza la situazione.
Certi studi presi in esame mettono ben in evidenza delle relazioni tra i casi di bambini che abitano nelle vicinanze di tre siti nucleari (Sellafield in Inghilterra, Dounreay in Scozia e Krümmel in Germania), mentre altri studi non mostrano tali evidenze.
Jacqueline Clavel e la sua équipe, con gli studiosi dell’Istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare (IRSN) hanno lavorato basandosi sul registro nazionale delle malattie ematiche dei bambini, prendendo in esame il periodo 2002-2077. Lo studio comparativo ha messo a confronto 2753 bambini di meno di quindici anni di età che si sono ammalati di leucemia in quegli anni, con altri trentamila bambini (5000 all’anno) della stessa età. Allo stesso tempo sono stati esaminati i casi di leucemia sviluppatisi tra i bambini che vivevano a meno di cinque chilometri da una centrale nucleare e i casi sviluppatisi tra i bambini che vivevano altrove.
I risultati sono chiari: i bambini che vivono a meno di cinque chilometri da una centrale hanno il doppio delle probabilità di ammalarsi di quelli che vivono più lontani. Con dei picchi ancora maggiori se la fascia di età presa in esame scende al di sotto dei cinque anni di età.
Secondo il Professore William Dab i risultati di questa ricerca hanno il valore di un segnale d’allarme sanitario.
È stata scartata anche l’ipotesi che la dispersione nell’atmosfera possa essere la causa dell’aumento di leucemie, essendo questi rilasci mille volte inferiori rispetto alla radioattività naturalmente presente nell’ambiente, sono altri quindi i fattori da identificare.
I parametri presi in considerazione per portare a compimento questo studio sono stati ritenuti molto validi da epidemiologi competenti: l’ampiezza dei soggetti presi in considerazione e la qualità dei dati esaminati conferiscono autorevolezza allo studio e il suo valore certo come segnale d’allarme sanitario da tenere in considerazione e sorvegliare con la più grande attenzione, tanto più che si trova in linea con gli studi tedeschi al riguardo, ha dichiarato il Professor William Dab del Conservatorio nazionale di arti e mestieri.
Jacqueline Clavel si auspica che altri ricercatori europei seguiranno l’esempio e saranno incitati a svolgere studi sull’incidenza delle dosi di radiazioni in base al luogo di residenza. L’epidemiologa dichiara anche: “Il nostro studio mostra un’associazione tra leucemia e vicinanza con una centrale nucleare. Ma finché non avremo individuato i fattori in causa non potremo trarne delle conclusioni utili per la prevenzione.”