giovedì 18 novembre 2010

Il perdono è uno scalpello che elimina le cicatrici emotive

Il dr. Maxwell Maltz nel suo libro Psicocibernetica tratta le cicatrici emotive, argomento molto profondo e non sempre affrontato da coloro che soffrono di mancanza di fiducia in se stessi. In effetti si tratta proprio di questo: una netta mancanza di fiducia nelle proprie capacità e potenzialità. Di fatto possiamo riscontrare come una cicatrice emotiva porti alla formazione di un'immagine dell'io sfregiata e falsata, di un'immagine di una persona non amata e non accettata dagli altri esseri umani, di un soggetto che non riesce ad inserirsi nella società in cui vive. Le cicatrici emotive non permettono di avere una corretta vita creativa e la non possibilità di realizzare compiutamente se stessi. Quali caratteristiche deve avere un individuo che si 'realizza compiutamente'? Secondo il dr. Arthur W. Combs, professiore di psicologia educativa, queste persone hanno le seguenti caratteristiche: innanzi tutto si considerano individui amati, desiderati, accettati e capaci di poter realizzare, inoltre si accettano senza riserve così come sono, come terzo aspetto hanno la capacità di immedesimarsi negli altri e come ultimo punto hanno assimilato un notevole bagaglio di esperienze. Di contro, una persona con cicatrici emotive non solo vede se stessa come un individuo non accettato, indesiderato ed incapace, ma considera il mondo in cui vive come un luogo ostile; nei suoi rapporti con gli altri c'è ostilità, non vi è collaborazione, cooperazione, ma senso di prevaricazione, voglia di combattere e non per ultimo mantenere sempre atteggiamenti di difesa.
Proprio in relazione a ciò, esistono tre regole per 'immunizzarsi' contro le offese, vere o presunte, che soggetti con cicatrici emotive vivono con particolare intensità. Non dimentichiamo comunque che, come dice il dr. Maltz, il perdono diventa il miglior strumento per scardinare dal nostro essere le cicatrici che ci fanno vivere male. La prima regola è quella in cui l'individuo non si sente minacciato; molta gente è letteralmente 'ferita' dalle contrarietà della vita o dai maltrattamenti che si possono ricevere dalla società. E' risaputo che coloro che si offendono per nulla hanno una bassissima stima di se stessi, come coloro che sentono che il loro valore viene minacciato da una piccola osservazione hanno un 'io' molto debole. Tutti noi quindi abbiamo bisogno di una certa durezza emotiva e di una certa sicurezza nel proprio io per proteggerci da minacce reali o immaginarie. La seconda regola afferma che un atteggiamento responsabile e fiducioso ci rende meno vulnerabili. La persona passiva, che dipende sempre dagli altri, affida il suo intero destino nelle mani degli altri, delle circostanze o del caso. Se è vero che ogni essere umano ha bisogno di amore e di affetto, la persona che fa affidamento su se stessa sente anche il bisogno di dare amore, non si aspetta che l'amore gli venga portato su di un piatto d'argento, nè ha il bisogno impellente di essere amato ed approvato da tutti; si sente sicuro di accettare il fatto che un certo numero di persone lo disapproveranno o non lo ameranno. La terza regola sprona ad eliminare le tensioni. Se ci tagliamo, la ferita guarisce in modo naturale, ma si formerà del tessuto cicatriziale per il fatto che vi è una certa tensione nella ferita. Quando un chirurgo estetico esegue un intervento non si limita ad unire strettamente la pelle per mezzo di suture, ma asporta un piccolissimo lembo di carne al di sotto della pelle in modo che non vi sia tensione. La stessa cosa avviene per la 'ferita emotiva': se non vi è tensione non resta alcuna cicatrice emotiva. Solitamente tendiamo a sentirci feriti nei nostri sentimenti o offenderci quando viviamo uno stato di particolare tensione a causa di paura, depressione, ira o delusione.
Se queste tre regole possono considerarsi degli ottimi antidoti per frenare gli effetti distruttivi della nostra autostima, sulle vecchie cicatrici emotive è necessario intervenire con un sistema più energico e radicale. Qui lo scalpello chiamato perdono è veramente indispensabile. Non per nulla viene chiamato 'scalpello', strumento che se usato scende in profondità e non cura nessuna ferita: la asporta direttamente, la sradica completamente. Il perdono, quando è vero, genuino e completo, e soprattutto dimenticato, può fungere da potente scalpello per eliminare il pus delle vecchie ferite emotive, guarirle ed asportare completamente tutti i tessuti ormai vecchi cicatrizzati. Il dr. Maltz paragona il perdono parziale o comunque forzato, per solo dovere, alla stessa stregua di una operazione chirurgica imperfetta, come se fosse una finta plastica facciale. Anche il perdono inteso come rivincita su altri non è mai un perdono terapeutico.
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