
Ma il risentimento è anche il tentativo di rendere il nostro personale fallimento più accettabile, spiegandolo in termini di ingiustizia e di imparzialità di trattamento nei nostri confronti. L’impulso del risentimento vive nelle personalità che nutrono un forte senso di inferiorità e fallimento, cercando un capro espiatorio o scusa per il proprio insuccesso nella società, nel sistema, nella vita, nella famiglia, nel coniuge e via dicendo; probabilmente in queste personalità questo elenco potrebbe continuare all’infinito perché c’è sempre qualcuno o qualcosa a cui dare la colpa. La persona che manifesta risentimento si sente defraudata da qualcosa come la vita o da qualcuno perché vede negli altri il successo e nella propria esistenza un inganno.
Il risentimento, anche se basato su torti o ingiustizie reali, non è il modo per vincere nella vita, anzi, diventa presto un’abitudine emotiva. Sentendosi per abitudine vittime di un’ingiustizia, ci si immedesima nel ruolo della vittima. In questo modo è facile vedere la prova dell’ingiustizia o immaginare che si è stati oggetto di un torto.
Il risentimento comunque è un mezzo che serve per sentirsi importanti. Molte persone provano una soddisfazione perversa nel sentirsi vittime. Se ricordiamo un avvenimento in cui una persona è stata vittima di un’ingiustizia (sia questa vista in un programma televisivo o personalmente conosciuta), questa si sente moralmente superiore a chi ne è stato la causa. Inoltre la persona che nutre risentimento cerca di dimostrare il suo caso di fronte a tutti coloro ai quali è possibile fornire prove dell’offesa e se riesce ad assumere un atteggiamento abbastanza risentito e quindi a provare l’ingiustizia, questo lo ricompenserà del suo dolore.
In questo senso il risentimento è una resistenza, una non accettazione di qualcosa che è già avvenuto. La parola risentimento deriva da due parole latine: 're', prefisso che significa ripetizione e 'sentire'. Il risentimento quindi è un ripetere, un continuo combattere emotivamente contro un avvenimento del passato che sappiamo benissimo impossibile da cambiare.
Il risentimento abituale porta invariabilmente all'autocompassione, che è il sentimento peggiore che si possa avere. Quando queste abitudini sono fortemente radicate, la persona non si sente a proprio agio senza aver ricevuto delle ingiustizie, quindi andrà a cercarsi situazioni tali da essere oggetto di torti.
Ricordiamoci che il risentimento non è provocato dalle altre persone, dagli eventi o dalle circostanze, ma solo dalla risposta emotiva dell'individuo. Il risentimento è quindi incompatibile con la lotta creativa verso un traguardo, perché nella lotta la persona è il vero attore, non lo spettatore passivo.