lunedì 22 marzo 2010

Le Armi della Persiasione


Perché una richiesta formulata in un certo modo viene respinta, mentre una domanda identica avanzata in maniera leggermente diversa ottiene il risultato voluto? Questa è la domanda che il dr. Robert Cialdini, psicologo statunitense e uno dei maggiori esponenti della psicologia sociale della persuasione, risponde nel suo libro Le Armi della Persuasione, titolo originale Influence: How and why people agree to things, pubblicato per la prima volta ben ventisei anni fa negli Stati Uniti, in Italia la prima edizione nel 1989 ed ancora oggi nuovamente pubblicato. Esaminando accuratamente questo libro scopriamo che fondamentalmente le informazioni e gli studi nel campo del comportamento condotti alcune decine di anni fa sono oggi ancora validi. In pratica l’uomo, nel tempo, non cambia e i suoi bisogni sono sempre gli stessi.
Questo ricercatore ipotizza delle regole ben precise che devono essere rispettate nella comunicazione persuasiva, e più precisamente sei strategie cognitive indispensabili che vengono attivate nella comunicazione interpersonale. Tutto questo ha la funzione di modificare l’atteggiamento o l’attitudine cognitiva della controparte. Vediamo ora queste sei regole.



Impegno e coerenza: il bisogno di coerenza è un fattore determinante nella motivazione del comportamento, infatti l’impulso ad essere, o sembrare, coerenti rappresenta un’arma potente d’influenzamento sociale che spesso può anche portarci ad un comportamento contrario ai nostri stessi interessi. L’incoerenza è di norma considerata un tratto negativo della personalità, ad esempio la donna che cambia continuamente idea è giudicata futile o confusionaria, come anche l’uomo che si lascia convincere con facilità a cambiare la sua opinione è considerato debole o indeciso. Di contro un alto grado di coerenza è sempre associato ad una solida personalità e forza intellettuale. La coerenza è quindi vista come base della logica, della razionalità, della stabilità e dell’onestà. Strategie miranti a farci compromettere con un impegno iniziale sono usate da professionisti della persuasione nei vari settori. Il metodo consiste nel farci dire o farci fare un qualcosa di apparentemente innocuo ma che in seguito ci porterà, per coerenza, ad accettare richieste ben maggiori. Sempre nell’ambito della persuasione, un’altra potente strategia è quella delle ‘dichiarazioni scritte’. Un esempio è dato dalla Amway Corporation, leader nel settore delle vendite dirette con sede nel Michigan, la quale ha trovato il modo per incentivare i suoi venditori ad ottenere un fatturato sempre maggiore, chiedendo loro di prefiggersi un obiettivo di vendite ed impegnarsi con se stessi a realizzarlo, mettendolo per iscritto.


Reciprocità: questa è una potentissima arma di persuasione studiata dal dr. Cialdini in quanto egli comprese che la reciprocità, o regola del contraccambio, impone che dobbiamo contraccambiare quello che un’altra persona ci ha dato. In pratica se qualcuno ci fa un regalo, ci sentiamo obbligati a contraccambiare. La regola è proprio questa: siamo obbligati a ripagare dei favori o regali o inviti o cose simili. In relazione a ciò moltissimi sociologi hanno studiato questo comportamento ed hanno constatato che non esiste nessuna società umana che non condivida questa norma della reciprocità, anzi, secondo alcuni questa è proprio la prerogativa del comportamento umano, chiamata ‘ragnatela di debiti’ che si intrecciano fra gli esseri umani. Chi non onora questa norma è considerato un ingrato, un profittatore, addirittura un parassita. Ecco perché questa regola è spesso usata con molta efficacia come stratagemma per ottenere accondiscendenza altrui. La regola della reciprocità la si trova nella politica: al vertice i politici coltivano la pratica dello scambio di favori e dell’appoggio incrociato alle iniziative legislative, pratica che molte volte alimenta le più strane alleanze politiche. Ovviamente la regola della reciprocità la si trova anche nel mondo commerciale; pensiamo al classico ‘campione gratuito’, una tecnica promozionale molto potente in cui il prodotto essendo gratuito ed essendo essenzialmente un dono, chiama in causa appieno questa regola.


Riprova sociale: questa regola è alla base di tutte le ‘mode’, infatti di norma le persone tendono a ritenere maggiormente validi i comportamenti o le scelte che vengono effettuate da un numero di persone elevato. Per descrivere questa regola possiamo osservare un fenomeno che la maggioranza di noi conosce e cioè le ‘risate artificiali’ (i dati sull’efficacia delle risate artificiali risalgono alle ricerche svolte nel 1972 da Smyth e Fuller, da Fuller e Sheehy-Skeffinton nel 1974 e da Nosanchuk e Lightstone nel 1974), . Molti programmi televisivi utilizzano risate registrate di un pubblico inesistente. Ma in tutto ciò vi è una particolarità: nessuno apprezza questo stratagemma, anzi, la maggioranza ne è infastidita e lo considera un espediente stupido, falso e monotono. Eppure le reti televisive continuano ad utilizzarlo; per logica se non piace al pubblico dovrebbe essere eliminato. Questo avviene perché le reti conoscono i risultati della ricerca scientifica applicata al comportamento umano, infatti più esperimenti dimostrano che l’uso delle risate artificiali invoglia gli spettatori a ridere in misura maggiore e molto più a lungo, inoltre considerano il programma televisivo più divertente, nonostante il fastidio delle risate artificiali. Ne consegue che l’inserimento di risate artificiali stimola la risposta desiderata a programmi che non essendo divertenti lo diventano forzatamente. Ma perché questo trucco così mediocre funziona? Perché si ride di più sulla falsa riga di un’allegria preconfezionata? Perché l’essere umano ubbidisce inevitabilmente a livello inconscio al principio della riprova sociale, infatti si tende a decidere ciò che è giusto o accettato sulla base di ciò che è considerato giusto dagli altri esseri umani. I produttori televisivi sanno bene che si tende a considerare più corretta un’azione quando la fanno anche gli altri. Con le risate artificiali non ci accorgiamo di rispondere alla riprova sociale in maniera così automatica da apprezzare particolarmente il programma, magari considerato consciamente stupido. La regola principale della riprova sociale afferma che quanto maggiore è il numero di persone che trova giusta una qualunque idea, tanto più giusta è quell’idea! In ultimo ricordiamo che la riprova sociale funzione al meglio nelle condizioni di somiglianza. Nella pubblicità si vedono persone ‘qualunque’ esaltare un prodotto da pubblicizzare: i pubblicitari sanno molto bene che un modo valido per vendere a persone ‘comuni’ è dimostrare che persone ‘comuni’ lo apprezzano. Un ultimo appunto sulla riprova sociale, purtroppo meno simpatico del precedente: già nel 1972 due ricercatori, Robert Liebert e Robert Baron condussero un esperimento su di un gruppo di bambini ai quali furono presentati programmi televisivi con scene di aggressione volontaria; il risultato fu l’inevitabile aumento di aggressività da parte di questi rispetto ad un altro gruppo di bambini ai quali fu fatto vedere un semplice documentario.


Autorità: dichiarazioni, citazioni o testimonianze sostenute da figure di rilievo, che riteniamo autorevoli, sia esse vere o presunte, ne accrescono la validità. È risaputo che siamo stati tutti educati sin dalla nascita a pensare che obbedire all’autorità legittima è giusto, mentre disobbedire è gravemente sbagliato. Ovviamente questo concetto è vero e moralmente corretto per la buona convivenza sociale. Ma è anche vero che l’obbedienza all’autorità porta ad essere esonerati dalla necessità di pensare, trovandoci forse a compiere azioni dettate da coloro che se ne assumono la responsabilità. Nel campo della medicina la figura del medico riveste una forte autorità: si tende a non mettere in discussione il giudizio del medico, se non da un altro medico di rango superiore. Nasce allora la spiacevole possibilità che se un medico fa un errore, nessuno dei suoi sottoposti penserà di metterlo in discussione: una volta che l’autorità legittima ha dato un ordine, i subordinati smettono di pensare, limitandosi a rispondere all’ordine ricevuto. La regola dell’autorità è valida anche in relazione ai titoli accademici. Se in una conferenza l’oratore si presenta con un titolo altisonante, l’uditorio tenderà a manifestare atteggiamenti rispettosi, alcune volte remissivi e non per ultimo anche ottusi; se il titolo del conferenziere è meno ‘pesante’, l’uditori si sentirà spronato ad intervenire in modo spontaneo ed interessante. Un altro strumento che può mettere in moto una risposta automatica all’osservanza dell’autorità è l’abito che la persona indossa. Oltre all’uniforme militare, simbolo emblematico di maggiore autorità, l’abito classico, ben indossato, tipico degli uomini d’affari è un perfetto modello di identificazione di superiorità da parte di un perfetto sconosciuto il quale riceve, inconsciamente, la nostra stima ed il nostro rispetto. Quante volte abbiamo visto nelle pubblicità attori ‘vestiti’ da medici, ricercatori, autorevoli ricercatori pubblicizzare un banale dentifricio? I pubblicitari sanno di poter giocare sul fatto che nelle nostre reazioni automatiche la figura autorevole passa del tutto inosservata, viene accettata come vera, credendo così che il dentifricio è realmente consigliato dall’autorità.


Simpatia: quando due soggetti (uno persuasore, l’altro persuaso)riescono a costruire un legame di simpatia, ottengono esiti migliorativi in relazione alla loro comunicazione. Il marketing al riguardo ha in effetti molto da dire; conquistare le simpatie di un possibile acquirente aumenta notevolmente le possibilità di concludere una vendita. Ma vediamo ora alcuni aspetti più particolari legati alla persuasione. Aziende commerciali, anche senza effettuare una vendita, chiedono all’interlocutore i nominativi di alcuni amici. Le aziende sanno che non importa nemmeno che l’amico sia fisicamente presente per sfruttare il nominativo: spesso basta nominarlo per raggiungere una vendita. Questo ci ricorda la vendita piramidale, molte volte composta dalla vendita ad amici e parenti. Altro elemento correlato a questo è il fattore bellezza. Le ricerche hanno dimostrato che esiste una risposta automatica ma soprattutto non ragionata alla bellezza fisica, questa è una risposta che rientra in quel fenomeno che nella psicologia sociale viene chiamato ‘effetto alone’. L’effetto alone si ha quando una singola caratteristica di una persona domina la percezione che gli altri hanno di lei, e la bellezza è senz’altro una di quelle caratteristiche capaci di mettere in moto l’effetto alone. La ricerca ha dimostrato che si tende ad attribuire automaticamente alle persone di aspetto piacevole altre caratteristiche positive quali il talento, l’intelligenza, l’onestà ed altro. Non stupisce quindi che l’effetto alone della bellezza sia regolarmente sfruttato dai professionisti della persuasione; inoltre nella formazione del personale addetto alla vendita l’aspetto fisico assume un’importanza in alcuni casi determinante.


Scarsità: un determinato bene o risorsa diventa molto più appetibile qualora questa venga presentata come limitata nel tempo o nella sua accessibilità. Ogni qualvolta la libertà di scelta viene minacciata o ne è limitata, il bisogno di mantenere questa libertà ci porta a desiderarla ancora di più. In questo modo quando la scarsità interferisce con la nostra precedente libertà di accesso al bene o servizio, siamo portati a reagire contro l’interferenza desiderando quel bene o servizio ancora più di prima, sforzandoci in modo maggiore per ottenerlo. Questa componente emozionale viene sfruttata nelle campagne promozionali con la tipica frase ‘offerta valida per pochi giorni’. Quindi l’uso diretto del principio di scarsità lo troviamo ogni volta che si parla di quantità limitata, avviso in cui si avverte la clientela che le scorte del bene sono scarse o comunque in fase di esaurimento. La tipica frase ‘affrettatevi all’acquisto’ aumenta notevolmente il desiderio del bene, infatti non solo desideriamo di più una cosa quando scarseggia, ma la desideriamo in misura maggiore se dobbiamo competere con altri per ottenerla. A conferma di ciò, cosa ci fa pensare una folla che si pigia all’ingresso di un grande magazzino nel periodo dei saldi? Diventa realmente una competizione accaparrarsi un bene che qualcun altro potrebbe acquistare prima.
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