Nicolas Guéguen, professore di psicologia sociale e cognitiva all'Université de Bretagne-Sud, ha presentato nel suo libro Picologia del Consumatore un'analisi veramente interessante delle dimensioni sociopsicologiche che influenzano i nostri comportamenti di consumo. Quali sono le decisioni d'acquisto che avvengono nel momento in cui entriamo in un centro commerciale? Perchè preferiamo un determinato prodotto rispetto ad un altro? Queste sono solo due delle domande a cui viene data una risposta molto chiara e comprensibile al lettore che vuole affrontare questa tematica.
In questo articolo ci soffermeremo su uno dei tanti fattori che influenzano i 'prezzi psicologici'. Cercheremo di analizzare in sintesi la tecnica dei prezzi a terminazione 9. Cosa significa ed in cosa consiste? Sicuramente avremo osservato che nei grandi centri di distribuzione molti prezzi terminano con il numero 9; ad esempio anzichè scrivere 20 €, leggiamo 19,99 €, che razionalmente, a nostro giudizio, riteniamo che non cambi molto, anzi, ci sembra quasi che l'apparente sconto sia più una presa in giro che altro. Dobbiamo sapere, però, che l'origine di questi prezzi non ha niene a che fare con una strategia di marketing finalizzata all'influenza del comportamento del consumatore, infatti secondo Hower, verso la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, dei commercianti e dei responsabili di negozio li avrebbero utilizzati negli Stati Uniti per ridurre i furti da parte dei commessi. Dal momento che era necessario rendere il resto ai clienti (in quel periodo il pagamento avveniva quasi unicamente in contanti), questo imponeva il personale addetto alla vendita ad andare alla cassa e quindi non trattenere per sé il denaro dato dal cliente al momento dell'acquisto; in questo modo se un articolo acquistato costava 1,99 € anzichè 2 €, gli stessi andavano alla cassa per avere in resto il centesimo spettante.
Dal momento che questa forma di sconto è ormai in vigore da quasi un secolo, studiosi del comportamento psicologico e sociale hanno iniziato a studiare attentamente questo fenomeno per capirne l'efficacia o meno. Il primo studio effettuato sui prezzi a terminazione 9 sul comportamento d'acquisto da parte dei clienti risale al 1936. Questa ricerca era sperimentale e con parametri che non consentivano di avere delle certezze sui risultati. Altri studi condotti negli anni 60 hanno invece confermato quanto Eli Ginsberg nel 1936 aveva capito: questi prezzi hanno un effetto significativo sul comportamento d'acquisto. Uno studio decisamente più attento e complesso condotto nel 1996 da Schindler e Kibarian ha infine dimostrato che i prezzi a terminazione 9 non inducevano più acquisti, ma portavano i consumatori a spendere di più. In buona sostanza, quindi, si osserva un effetto positivo dei prezzi a terminazione 9 sul comportamento d'acquisto delle persone.
Se i prezzi a terminazione 9 hanno un effetto reale sul comportamento d'acquisto, emergono però dei risultati contraddittori: alcune volte questi prezzi 'magici' hanno un effetto sul tasso di acquisto, altre volte no. Ci riferiamo allora a dei parametri di presentazione i quali influenzano a loro volta la scelta, ad esempio, il fatto che siano affissi oppure detti oralmente, oppure che siano presentati in un negozio piuttosto che su di un catalogo.
La presentazione, quindi, gioca un ruolo importante nella scelta dell'acquisto. Si pensi a quelle pubblicità in cui si vede il prezzo pieno con una riga sopra, identificato come 'vecchio', e subito vicino il 'nuovo' con terminazione 9, con uno sconto veramente irrisorio: questo piccolo dettaglio serve a far credere all'acquirente che lo scarto fra i due prezzi sia più grande di quanto è in effetti e a persuaderlo che si stia facendo un vero affare!
Ma allora cosa succede nella testa del consumatore quando si trova ad analizzare un prodotto in vendita che abbia un prezzo a terminazione 9? I ricercatori Schindler e Wiman hanno dato per ora la spiegazione più attendibile, dandole il nome di 'effetto di sottostima'. Questa teoria si basa sul principio di trasferimento delle informazioni codificate verso la memoria a lungo termine, cioè quella memoria in cui sono raccolti e codificati i ricordi e sui processi di recupero delle stesse informazioni. In relazione al fenomeno che stiamo descrivendo, i prezzi a terminazione 9, o meglio le cifre che si trovano a destra, ricevono meno attenzione e sono meno ripetute; questo fenomeno porta a ridurre le probabilità che queste vengano trasferite nella memoria a lungo termine. Nel momento in cui visiona il prezzo a terminazione 9, il cliente deve ricostruire il ricordo, ma a causa della mancanza di dati, egli è obbligato ad indovinare la terminazione del prezzo. A seconda del caso, questa stima può essere corretta oppure no. Così, se il consumatore attribuisce un 9 alla terminazione, egli effettua una stima corretta per un prezzo a terminazione 9, ma andrà a sovrastimare il prezzo a terminazione piena: se allora deve confrontare 200 e 199,99, la sua mente leggerà 299 e 199, andando quindi a preferire il secondo prezzo, diventando così molto conveniente.
Si è così capito che il ricordo del prezzo di un prodotto presentato con terminazione 9 pare indurre una sottovalutazione del suo prezzo effettivo, inducendo maggiormente l'acquisto. E' chiaro quindi che l'impatto sul comportamento d'acquisto dei prezzi a terminazione 9 deve essere comparato con il prodotto immesso sul mercato. Nella stessa misura vi sono delle condizioni in cui è bene non applicare questa tecnica di vendita. Si pensi ad una banca o un istituto di credito che pubblicizza gli interessi su conto corrente: ovviamente eviterà la terminazione 9 e indicherà interessi con numeri pieni; diverso invece gli interessi sui prestiti, dove un TAEG al 4,99% è decisamente più allettante rispetto al 5%.
Per concludere, nel mondo della pubblicità non è sempre opportuno usare una terminazione 9; in funzione dell'oggetto in questione occorre sempre mettersi al fianco del consumatore e vedere ciò che ha la maggiore probabilità di fargli credere che farà un buon affare.
Ma allora cosa succede nella testa del consumatore quando si trova ad analizzare un prodotto in vendita che abbia un prezzo a terminazione 9? I ricercatori Schindler e Wiman hanno dato per ora la spiegazione più attendibile, dandole il nome di 'effetto di sottostima'. Questa teoria si basa sul principio di trasferimento delle informazioni codificate verso la memoria a lungo termine, cioè quella memoria in cui sono raccolti e codificati i ricordi e sui processi di recupero delle stesse informazioni. In relazione al fenomeno che stiamo descrivendo, i prezzi a terminazione 9, o meglio le cifre che si trovano a destra, ricevono meno attenzione e sono meno ripetute; questo fenomeno porta a ridurre le probabilità che queste vengano trasferite nella memoria a lungo termine. Nel momento in cui visiona il prezzo a terminazione 9, il cliente deve ricostruire il ricordo, ma a causa della mancanza di dati, egli è obbligato ad indovinare la terminazione del prezzo. A seconda del caso, questa stima può essere corretta oppure no. Così, se il consumatore attribuisce un 9 alla terminazione, egli effettua una stima corretta per un prezzo a terminazione 9, ma andrà a sovrastimare il prezzo a terminazione piena: se allora deve confrontare 200 e 199,99, la sua mente leggerà 299 e 199, andando quindi a preferire il secondo prezzo, diventando così molto conveniente.
Si è così capito che il ricordo del prezzo di un prodotto presentato con terminazione 9 pare indurre una sottovalutazione del suo prezzo effettivo, inducendo maggiormente l'acquisto. E' chiaro quindi che l'impatto sul comportamento d'acquisto dei prezzi a terminazione 9 deve essere comparato con il prodotto immesso sul mercato. Nella stessa misura vi sono delle condizioni in cui è bene non applicare questa tecnica di vendita. Si pensi ad una banca o un istituto di credito che pubblicizza gli interessi su conto corrente: ovviamente eviterà la terminazione 9 e indicherà interessi con numeri pieni; diverso invece gli interessi sui prestiti, dove un TAEG al 4,99% è decisamente più allettante rispetto al 5%.
Per concludere, nel mondo della pubblicità non è sempre opportuno usare una terminazione 9; in funzione dell'oggetto in questione occorre sempre mettersi al fianco del consumatore e vedere ciò che ha la maggiore probabilità di fargli credere che farà un buon affare.