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Come rivela una nuova ricerca gli antidepressivi aumentano il pericolo di attacchi di cuore: l’inquietante costo di questa dipendenza moderna.
Brutte notizie in arrivo per le decine di milioni di europei che prendono le pillole della felicità. Alcuni ricercatori londinesi hanno appena annunciato che gli antidepressivi aumentano il rischio di attacchi cardiaci letali.
Questa ricerca è solo l’ultimo campanello d’allarme per un mondo stregato dalle pillole della felicità. Non sarebbe ora di leggere i bugiardini e risvegliarci dal nostro torpore farmaceutico?
Una montagna di studi dimostra che i farmaci antidepressivi sono largamente inefficaci. Ma soprattutto, possono rovinare la vita creando dipendenza cronica e una disperazione talmente logorante che può portare all’auto-abbandono e alla morte. L’ultimo studio proviene da Londra: il dottor Mark Hamer, ricercatore dello University College ha rilevato che gli antidepressivi triciclici comportano rischi cardiovascolari molto maggiori rispetto ai più moderni (i cosiddetti SSRI), sebbene questi ultimi siano essi stessi noti per i loro effetti negativi sul sistema cardiovascolare e per numerosi altri effetti quali emorragie allo stomaco. E ancora, i sintomi di astinenza possono essere così gravi che i pazienti possono finire per diventarne dipendenti.
Il dr Hamer dice che i suoi risultati non riguardano solo la gente con depressione, perché gli antidepressivi sono prescritti anche a persone con mal di schiena, mal di testa, ansia e problemi di sonno. In Europa le prescrizioni di antidepressivi sono centinaia di milioni ogni anno - sostiene il dr. Hamer, aggiungendo che si tratta di uno dei più grandi scandali medici della nostra epoca.
La cosa più preoccupante di questi farmaci non sono i loro effetti collaterali, ma loro diffusa inefficacia: semplicemente non funzionano per la maggior parte delle persone con depressione da lieve a moderata.
Due anni fa, i ricercatori a Hull University hanno concluso che le pillole portano vantaggio solo a persone che sono più seriamente, clinicamente depresse. Ma che dire degli altri? Molte persone sono inutilmente messe sotto psicofarmaci perché la naturale sensazione di infelicità è considerata una malattia, piuttosto che una parte normale della vita da cui trarre esperienza e insegnamento.
Uno studio americano su 8.000 persone trattate per la depressione ha dimostrato che un quarto di queste non erano clinicamente malate, ma avevano appena subito un evento di vita normale come un lutto. Viviamo in un mondo che ci dice che quando ci sentiamo giù di corda abbiamo bisogno di una pillola per recuperare, con grande beneficio per le case farmaceutiche.
Molti pazienti affermano poi di non poterne fare più a meno e giurano di trarne beneficio. Ma uno studio pubblicato nel 2008 dal prof. Kirsch Irving dell'Università di Hull, che ha rivisto gli studi per l’approvazione di quattro antidepressivi comuni, ha rivelato come gli effetti positivi dei farmaci non erano statisticamente distinguibili da quelli dovuti all’effetto placebo – l’auto-guarigione prodotta dai pazienti cui, al posto dell’antidepressivo, veniva data una pillola di zucchero. Alcuni studi addirittura dimostravano che un rigoroso regime alimentare e dell’esercizio fisico producono gli stessi risultati degli antidepressivi. Similmente, quando veniamo convinti che abbiamo bisogno di farmaci per uscire da una crisi emotiva, smettiamo di fare le cose per aiutare noi stessi, e ci affidiamo alla pillola. Questo atteggiamento passivo causa anche una maggiore propensione al fumo e alla vita sedentaria, il che peggiora la depressione. È un circolo vizioso e un vortice che risucchia sempre più le persone più vulnerabili.
Il Daily Mail, 13 dicembre 2010
da John Nash
Per saperne di più: http://www.dailymail.co.uk/health/article-1338340/Will-wake-deadly-risks...
Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani si auspica che vengano avviate inchieste che accertino se nel processo di autorizzazione di certi psicofarmaci siano stati sottovalutati i rischi correlati e chi ne sia responsabile, e consiglia ai cittadini di avvalersi del proprio diritto al consenso informato sugli effetti collaterali prima di sottoporsi a trattamenti con psicofarmaci.
Brutte notizie in arrivo per le decine di milioni di europei che prendono le pillole della felicità. Alcuni ricercatori londinesi hanno appena annunciato che gli antidepressivi aumentano il rischio di attacchi cardiaci letali.
Questa ricerca è solo l’ultimo campanello d’allarme per un mondo stregato dalle pillole della felicità. Non sarebbe ora di leggere i bugiardini e risvegliarci dal nostro torpore farmaceutico?
Una montagna di studi dimostra che i farmaci antidepressivi sono largamente inefficaci. Ma soprattutto, possono rovinare la vita creando dipendenza cronica e una disperazione talmente logorante che può portare all’auto-abbandono e alla morte. L’ultimo studio proviene da Londra: il dottor Mark Hamer, ricercatore dello University College ha rilevato che gli antidepressivi triciclici comportano rischi cardiovascolari molto maggiori rispetto ai più moderni (i cosiddetti SSRI), sebbene questi ultimi siano essi stessi noti per i loro effetti negativi sul sistema cardiovascolare e per numerosi altri effetti quali emorragie allo stomaco. E ancora, i sintomi di astinenza possono essere così gravi che i pazienti possono finire per diventarne dipendenti.
Il dr Hamer dice che i suoi risultati non riguardano solo la gente con depressione, perché gli antidepressivi sono prescritti anche a persone con mal di schiena, mal di testa, ansia e problemi di sonno. In Europa le prescrizioni di antidepressivi sono centinaia di milioni ogni anno - sostiene il dr. Hamer, aggiungendo che si tratta di uno dei più grandi scandali medici della nostra epoca.
La cosa più preoccupante di questi farmaci non sono i loro effetti collaterali, ma loro diffusa inefficacia: semplicemente non funzionano per la maggior parte delle persone con depressione da lieve a moderata.
Due anni fa, i ricercatori a Hull University hanno concluso che le pillole portano vantaggio solo a persone che sono più seriamente, clinicamente depresse. Ma che dire degli altri? Molte persone sono inutilmente messe sotto psicofarmaci perché la naturale sensazione di infelicità è considerata una malattia, piuttosto che una parte normale della vita da cui trarre esperienza e insegnamento.
Uno studio americano su 8.000 persone trattate per la depressione ha dimostrato che un quarto di queste non erano clinicamente malate, ma avevano appena subito un evento di vita normale come un lutto. Viviamo in un mondo che ci dice che quando ci sentiamo giù di corda abbiamo bisogno di una pillola per recuperare, con grande beneficio per le case farmaceutiche.
Molti pazienti affermano poi di non poterne fare più a meno e giurano di trarne beneficio. Ma uno studio pubblicato nel 2008 dal prof. Kirsch Irving dell'Università di Hull, che ha rivisto gli studi per l’approvazione di quattro antidepressivi comuni, ha rivelato come gli effetti positivi dei farmaci non erano statisticamente distinguibili da quelli dovuti all’effetto placebo – l’auto-guarigione prodotta dai pazienti cui, al posto dell’antidepressivo, veniva data una pillola di zucchero. Alcuni studi addirittura dimostravano che un rigoroso regime alimentare e dell’esercizio fisico producono gli stessi risultati degli antidepressivi. Similmente, quando veniamo convinti che abbiamo bisogno di farmaci per uscire da una crisi emotiva, smettiamo di fare le cose per aiutare noi stessi, e ci affidiamo alla pillola. Questo atteggiamento passivo causa anche una maggiore propensione al fumo e alla vita sedentaria, il che peggiora la depressione. È un circolo vizioso e un vortice che risucchia sempre più le persone più vulnerabili.
Il Daily Mail, 13 dicembre 2010
da John Nash
Per saperne di più: http://www.dailymail.co.uk/health/article-1338340/Will-wake-deadly-risks...
Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani si auspica che vengano avviate inchieste che accertino se nel processo di autorizzazione di certi psicofarmaci siano stati sottovalutati i rischi correlati e chi ne sia responsabile, e consiglia ai cittadini di avvalersi del proprio diritto al consenso informato sugli effetti collaterali prima di sottoporsi a trattamenti con psicofarmaci.